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Questo articolo è stato pubblicato il 10 aprile 2012 alle ore 08:44.
L'ultima modifica è del 10 aprile 2012 alle ore 09:03.

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Piccoli verminai crescono. Passi via Bellerio, ormai una specie di Sodoma e Gomorra dell'autonomismo. Ora è scattata la competizione, mai sopita, tra i veneti e i lombardi. Il conflitto verte sulla supposta purezza degli uni (i veneti) a discapito degli altri (i lombardi). Una tesi ardua da dimostrare. «La Liga è la madre di tutte le Leghe», tuona Gian Paolo Gobbo, segretario nazionale veneto da 14 anni che in giugno dovrà vedersela al congresso con Flavio Tosi in persona. E fin qui ci siamo.

Della primogenitura lighista (con il congresso di Recoaro Terme del 1979) parlano i libri di storia. Partire per primi non sempre significa essere i migliori. Gobbo, pur di far prevalere l'ala bossiana, è tentato di lanciare nella mischia Luca Zaia, il governatore leghista del Veneto che ce la sta mettendo tutta per far rimpiangere il tre volte presidente forzista (ed ex ministro) Giancarlo Galan, ormai disoccupato («non so più come pagare i miei due mutui» ha confessato all'ultimo congresso del Pdl di Vicenza).

Zaia su una cosa rivaleggia con Galan: la capacità di coniare slogan, la battuta sempre pronta e poi quell'attitudine dorotea alla mediazione che gli ha fatto infarcire la squadra di governo di leghisti d'apparato di seconda o terza fila. Uno di loro, Marino Finozzi, assessore al Turismo, è caduto dalle nuvole quando qualcuno gli ha fatto notare che avrebbe beccato 10mila euro per la campagna elettorale dalla famosa Siram, la multinazionale in affari – così sostengono i giudici – con il tesoriere del Carroccio Francesco Belsito. Il versamento è certificato dal Bollettino ufficiale della Regione Veneto (numero 81 del 22 ottobre 2010). Come mai la Siram ha contribuito alla campagna elettorale di Finozzi, un leghista di Fara, in provincia di Vicenza? L'assessore farfuglia un «non lo so, non ricordo». Qualche anno prima, invece, quando si era trattato di difendere l'indennità per il funerale che la munifica Regione Veneto prevedeva per tutti i suoi consiglieri, Finozzi non si era lasciato prendere in contropiede: «Non mi pare uno scandalo per chi ha dato 10 o 15 anni della propria vita alla pubblica amministrazione».

Ad approfondire quello che succede a palazzo Ferro-Fini, sede del consiglio regionale, i cittadini elettori rinuncerebbero volentieri a questi sacrifici: il Veneto è un groviglio di veti incrociati, frantumazione politica e imboscate. La maggioranza politica dovrebbe essere Pdl-Lega. In realtà, non si contano le volte in cui Pdl e Pd si alleano e mandano sotto la maggioranza. Altra stranezza: gli ultimi quattro assessori alla Sanità sono sempre stati leghisti e veronesi: il primo fu Flavio Tosi. L'attuale responsabile della Sanità, Luca Coletto, veronese pure lui, ha come capo della segreteria la moglie del sindaco di Verona, Stefania Villanova, che sostiene di essere una berlusconiana integrale. In giugno, al congresso nazionale veneto, Tosi sfiderà Gobbo. Bossi li fa e poi la Giunta regionale li unisce.

Nel partito le cose sono decisamente più chiare: il 29 aprile si terrà l'ultimo dei congressi provinciali, quello di Padova. I maroniani hanno fatto l'en plein conquistando pure Treviso, la roccaforte di Gobbo. Tranne colpi di scena, Bobo Maroni si impossesserà del partito attraverso il suo pupillo Tosi. Un po' lo stesso copione della Lombardia. Il congresso nazionale si terrà l'1, 2 e 3 giugno a Bergamo. E pare che persino Giancarlo Giorgetti, il segretario uscente, potrebbe decidere di non candidarsi per spianare la strada a Matteo Salvini, europarlamentare della Lega e maroniano della prima ora. Pure in Lombardia l'ex ministro degli Interni avrà la meglio grazie alla debolezza dei leghisti che occupano le caselle del potere regionale. Al di fuori della base del partito c'è il nulla. Il Pirellone guidato da Roberto Formigoni ne è la prova più evidente.

L'unico nome degno di nota è quello di Luciano Bresciani, medico personale di Bossi e assessore alla Sanità leghista, un tecnico con un curriculum rispettabile che viene tenuto a bada dal direttore generale dell'assessorato, il ciellino Carlo Lucchina, una sorta di assessore ombra. Il resto pesa pochissimo. Andrea Gibelli, vice di Formigoni e filociellino, è in bilico tra Bossi e Maroni, mentre di Daniele Belotti (assessore al Territorio) e Monica Rizzi (assessore allo Sport e tutor del Trota) si sono occupate le procure della Repubblica e le cronache: il primo per un'inchiesta dei magistrati bergamaschi sul tifo violento, la seconda per una laurea fantasma in psicologia. Quella di millantare titoli di studio sembra una mania tutta leghista. Il successore di Bossi alla segreteria federale potrebbe cominciare proprio dal motto biblico: crescete e, se ci tenete tanto, laureatevi. Ma senza fare i Belsito.

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