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Questo articolo è stato pubblicato il 20 aprile 2012 alle ore 23:15.
L'ultima modifica è del 20 aprile 2012 alle ore 21:35.

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«Non credo a un complotto della magistratura e dei servizi segreti». Lo ha detto Roberto Maroni a Varallo Sesia. «Non credo a un complotto della magistratura e dei servizi - ha spiegato Maroni - perché ho fatto il ministro dell'Interno e posso garantirvi che di tutto i servizi sono capaci, tranne di fare complotti». Insomma, una versione differente da quella di Umberto Bossi, che nelle scorse settimane ha più volte lamentato una presunta aggressione alla Lega da parte di organismi della magistratura. Un complotto, quindi, «ordito da Roma farabutta».

Quindi, Maroni, si è appellato ai magistrati: «Chiedo alla magistratura di fare in fretta - ha affermato -. Ci deve dire chi ha commesso dei reati e quali, e questo vale anche per gli altri partiti». Ed ancora, ha detto di «non credere che ci siano dei gravi reati che qualcuno ha commesso». «Quanto successo - ha aggiunto Maroni - ha svelato i pasticci interni alla Lega e ci ha fatto fare pulizia. Abbiamo detto "chi sbaglia paga" e lo abbiamo cominciato a fare». «Negli altri partiti tutti sono rimasti al loro posto, noi, invece, ci siamo assunti subito le nostre responsabilità a partire dal capo».

Quanto alla notizia di dossier sul suo conto, «sono tranquillissimo - ha detto Maroni - perché sono in grado di dimostrare ogni giorno della mia vita quello che ho fatto». «Sono ottimista e fiducioso sul futuro della Lega - ha aggiunto - ma sono anche molto avvilito e demoralizzato per avere appreso che era stato fatto un dossier su di me, che sono trasparente più dell'acqua».

Intanto, come a sottolineare che la pace della notte delle scope non sembra poggiare su solide basi, neanche venerdì c'è stato l'incontro tra Umberto Bossi e Roberto Maroni. E il protrarsi dell'attesa sembra testimoniare la tensione ancora presente tra i due, dopo la notizia del dossieraggio ai danni di Maroni. Bossi ha assicurato che non sapeva? «Bene», risponde laconico l'ex ministro dell'Interno. Che intanto lancia l'allarme: «Questa campagna mediatica ci penalizzerà» alle elezioni, dice. E allora i triumviri ripartono anche da lì, dalla comunicazione: d'ora in poi, decidono, i parlamentari dovranno concordare le loro interviste tv con i capigruppo. Niente più dichiarazioni estemporanee.

C'era attesa, oggi, per un incontro Bossi-Maroni che si rimanda da giorni. Il colloquio, ancora una volta, non è avvenuto, spiegano a via Bellerio, causa impegni da campagna elettorale. Ma la voce circolava con insistenza dopo la notizia (che ha mandato su tutte le furie Maroni) del dossieraggio di Francesco Belsito ai danni dell'ex ministro dell'Interno. Non ne sapevo nulla, ha assicurato ieri il Senatur, ma per tutta risposta ottiene oggi da Maroni un laconico: «Bene». E anche se l'ex ministro dell'Interno aggiunge che sì, l'incontro con il «capo» ci sarà, in ambienti leghisti raccontano che c'è ancora tensione, una tensione legata più in generale alle sorti del Carroccio («non credo che Bossi si ricandiderà alla segreteria federale», dice il maroniano Gianluca Pini).

Bossi: accordo con Maroni, ma caos nella Lega non è venuto da solo
A tarda sera Bossi ha dichiarato a a Sky Tg24, a margine di un incontro elettorale ad Arese, «voglio fare un accordo con Maroni». Ottimo proposito, anche se poi il vecchio leader ha ricominciato a graffiare: «Il caos di questi giorni nella Lega non è venuto da solo. Cosa fanno i servizi segreti? Maroni dice che non c'entrano. Quanto meno non ci hanno avvisato. I servizi non dipendono dal ministero dell'Interno che era guidato da Maroni ma da Palazzo Chigi; noi eravamo lì tutti i giorni, non ci hanno avvisato», ha attaccato il senatur. «Alla fine ci siamo trovati in questo gran bordello. Tre procure: Reggio Calabria, non hanno meglio da fare con tutta la mafia che c'è. O Napoli, con tutti i problemi che hanno lì. Ma sono contro la Lega che non gli ha fatto portare la monnezza al nord» Infine una nuova ammissione di colpa per l'avventura politica del figlio: «È stato un errore portare Renzo in Regione, sarebbe stato meglio in piccoli comuni».

Sequestrati 350mila euro dei soldi investiti a Cipro
Le notizie sul fronte giudiziario intanto continuano ad emergere. Presso un notaio di Rovigo i magistrati hanno sequestrato 350 mila euro, che sarebbero parte dell'investimento da 1,2 milioni effettuato a Cipro dal consulente Paolo Scala, indagato assieme all'ex tesoriere Belsito. Mentre a Milano il senatore Piergiorgio Stiffoni si presenta spontaneamente dai magistrati a spiegare che gli investimenti in diamanti sono personali ed estranei agli affari di Belsito.

Sul piano elettorale «siamo ansiosi - dice Maroni - di recuperare il consenso che questa brutta vicenda, temo, ci abbia fatto perdere». E allora si riparte anche dalla comunicazione, dopo che lo scontro interno è tracimato sui media attraverso le dichiarazioni di «maroniani» e «bossiani».

Così, all'indomani dell'apparizione tv in cui Pini ha sollevato sospetti sulle spese dell'ex capogruppo Marco Reguzzoni, ecco arrivare, a porre un argine all'emergere di divisioni e tensioni, una lettera dei «triumviri» Maroni, Calderoli e Dal Lago. Una missiva inviata ai capigruppo di Camera e Senato per affermare che le presenze nelle trasmissioni tv dei parlamentari devono essere d'ora in poi «concordate con i presidenti dei gruppi». Un tentativo di restituire un'immagine unitaria al partito.
«Facciamo vedere a tutti chi siamo - incita i militanti via Facebook Maroni - Nonostante tutto, io sono orgoglioso di essere leghista!!!».

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