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Questo articolo è stato pubblicato il 22 aprile 2012 alle ore 15:49.
L'ultima modifica è del 22 aprile 2012 alle ore 15:49.

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È sempre stato estremamente stimolante apprezzare le lucide analisi sulla crisi economica di uno dei maggiori economisti viventi, Paul Krugman, il quale non ha poi mancato oltre che di sottolinearne con sapienza le cause, di indicarne spesso anche le vie d'uscita. L'ultimo articolo di venerdì su Repubblica, dal titolo "L'Europa può salvarsi solo se si libera dell'euro" presenta due argomentazioni. La prima, sull'attuale politica di austerity europea, precisa e indiscutibile; la seconda sul prospettato salvifico abbandono dell'euro, decisamente sbagliata, anche e soprattutto nei riferimenti storici. I suicidi dei disperati europei senza lavoro o degli imprenditori che vedono fallire insieme la propria azienda e la propria vita, sono fenomeni che hanno colpito in modo straziante anche Paul Krugman e l'opinione americana, memore della Grande Depressione. Le conclusioni di Krugman legano questi impietosi suicidi alla determinazione dei leader europei «a far commettere un suicidio economico all'intero continente». A questo porta senza ombra di dubbio la politica di austerity, imposta agli altri Paesi, soprattutto dalla Germania, e dal Leviatano burocratico-tecnocratico del capitalismo finanziario mondiale. E intanto, sulla pessima tenuta dei titoli del debito pubblico italiano, le grandi banche d'affari americane si arricchiscono abbondantemente, come ha dimostrato ieri Il Sole 24 Ore. E così la depressione invade tutti i Paesi europei.

E anche il nostro Paese vede la situazione generale in continuo peggioramento, mentre le consolatorie dichiarazioni ufficiali si riducono a promesse non mantenibili né di crescita, e neppure di sicuri pareggi di bilancio, indifferenti all'aumento della disoccupazione, al fallimento delle imprese, e alla distruzione dello stato sociale. Tutto ciò purtroppo viene nascosto dalla dichiarazione che non siamo ancora come la Grecia, addirittura con una caduta di stile, di diplomazia e di vergogna enumerandone con precisione i casi di suicidio. Insomma, i programmi di austerità e il loro continuo irrigidimento portano, come ormai è evidente, a peggiorare lo stato di depressione, dal quale sarà sempre più difficile uscire per l'Europa intera.
Né qui vale, tuttavia, l'alternativa proposta da Krugman. Questi, richiamandosi agli anni '30, fa riferimento al requisito basilare di allora per la ripresa, cioè all'uscita dal sistema aureo (Gold standard), la cui "equivalente mossa" sarebbe oggi l'uscita dall'euro e il ripristino delle valute nazionali. Già altri hanno sostenuto con dovizia di argomentazioni che l'abbandono dell'euro provocherebbe una sorta di disastro finale nelle economie occidentali e nella finanza mondiale. Ma val la pena allora di sottolineare che il gold standard era la riserva aurea delle banche centrali, agganciata al valore convertibile delle singole monete, e che solo il suo abbandono impedì che le politiche monetarie destabilizzassero l'economia orientata solo alla ricerca del mantenimento delle riserve. Si creò così finalmente stabilità dei prezzi, bassi interessi, e largo credito alle imprese, stimolando la crescita attraverso la creazione di nuova domanda. Già peraltro il grande John Maynard Keynes, in un famoso articolo del 1923 e ancora dieci anni dopo, qualificava il simbolico e convenzionale valore del gold standard come una "reliquia barbara".

Ebbene, caro Krugman, l'euro non è una reliquia barbara e il suo paragone è sbagliato. È invece la moneta unica di un'Europa che si salva solo se continua nel suo processo di unificazione, affiancando all'euro una politica fiscale e monetaria unitaria e una forte spinta verso una vera Europa federale. Si potrà allora dotare la Banca centrale europea di veri poteri di una banca centrale, favorire l'emissione degli eurobond, il cui progetto ha molti sostenitori ed è già stato ampiamente illustrato nei particolari e fors'anche stimolare la domanda con meno riguardo a pur controllati processi inflazionistici.
Ma di questo pare che ai leader europei, schiavi della logica del capitalismo finanziario, poco importi, tant'è che il tanto esaltato fiscal compact firmato a marzo trova le risposte alla depressione europea solo nell'austerità fiscale: basta che i mercati finanziari speculino e guadagnino. E' dunque l'ora di cambiare rotta senza alterigia e non solo a parole.
Quella sopra indicata è allora, piaccia o non piaccia anche ai politici e agli intellettuali americani, l'unica strada per fare uscire l'Europa dalla crisi; un'Europa che coesa in una politica non solo monetaria, fiscale e culturale unitaria, potrà essere seriamente concorrenziale con gli Stati Uniti d'America, soprattutto nell'eliminazione delle disuguaglianze sociali e nella qualità della vita, finalità contrarie alle logiche del capitalismo finanziario.

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