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Questo articolo è stato pubblicato il 28 aprile 2012 alle ore 19:17.

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Mario Monti ha garantito al Segretario generale della Nato, Andrers Fogh Rasmussen, che «l'impegno italiano non terminerà con il ritiro del 2014», confermando «un nostro impegno finanziario e di uomini per l'addestramento delle forze nazionali di sicurezza afghane». Un impegno che coinvolgerà tutti gli alleati più importanti ma sul quale pendono alcune incognite. La prima riguarda l'effettiva capacità del Governo di Kabul di resistere alla prevista offensiva talebana che farà seguito al ritiro della Nato ma non è neppure certo che il parlamento afghano ratifichi la missione post-2014 mantenendo per i militari alleati le garanzie giudiziarie attuali che impediscono che i soldati della Nato www.isaf.nato.int vengano processati dalla giustizia afghana per reati compiuti nel Paese asiatico. Nel novembre scorso il parlamento di Baghdad negò il rinnovo di una simile intesa costringendo gli statunitensi a ritirare tutte le loro forze dall'Iraq incluse quelle destinate ad addestrare le truppe locali. Il presidente Hamid Karzai e molti parlamentari afghani hanno già minacciato di non rinnovare le garanzie giudiziarie (per protesta contro l'uccisione di alcuni civili) ma un simile scenario vedrebbe un rapido ritiro anche degli ultimi istruttori alleati.

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