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Questo articolo è stato pubblicato il 30 aprile 2012 alle ore 19:40.

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Proprio quando sembrava esserci uno spiraglio per la soluzione della complessa vicenda dei due marò, oggi rinviati ad altre due settimane di detenzione preventiva, in India la strada appare di nuovo in salita.
La Corte Suprema di New Delhi ha rimandato a domani il via libera definitivo alla partenza della petroliera Enrica Lexie bloccata in Kerala.

Un fatto dato ormai per certo, ma soggetto a condizioni più vincolanti per l'armatore e anche per il governo italiano, convocato per la prima volta nel caso.

Colpo di scena in udienza
Nell'udienza di oggi, durata circa due ore, c'è stato anche un colpo di scena. L'avvocato dello stato del Kerala, Gopal Subramaniam, un famoso giurista, ha mostrato ai giudici il testo del compromesso tra il governo italiano e le famiglie dei due pescatori uccisi e ha letto alcuni paragrafi dove gli eredi rinunciano a presentarsi come parte lesa in tutte le cause presenti e future.

L'intesa, già ratificata presso l'Alta Corte del Kerala, è stata duramente criticata dalla Corte Suprema che l'ha definita «illegale» e «da annullare in base al codice di procedura civile indiano».

Non è ancora chiaro quali saranno le conseguenze di questa nuova presa di posizione che, seppur autorevole, per ora non ha alcun valore vincolante nei procedimenti giudiziari in corso.

La Corte era infatti chiamata oggi a pronunciarsi sul ricorso del governo italiano in cui si chiede il rilascio della petroliera ferma dal 15 febbraio in alto mare e la cui partenza era già stata autorizzata in primo grado dall'Alta Corte del Kerala. Era stata la moglie di un pescatore, Dora, oggi assente dall'aula, a bloccare il verdetto con un appello a una sezione speciale dello stesso tribunale.

Come già dichiarato nella scorsa udienza, il giudice R.M. Lodha ha ribadito che non esistono i presupposti giuridici per trattenere la nave e l'equipaggio formato da 5 italiani, 19 indiani, oltre a quattro marò.

«Non sono accusati, non hanno commesso alcun reato, al massimo possono essere testimoni» ha detto ricordando che le persone a bordo hanno diritto alla libertà personale sancita dall'articolo 21 della Costituzione «che si applica a qualsiasi essere umano, non solo ai cittadini indiani».

Tuttavia, la Corte Suprema ha accolto la tesi del rappresentante del Kerala che chiedeva maggiori garanzie nel caso in cui le autorità indiane volessero interrogare o convocare come testimoni il capitano e i marinai o avessero bisogno della nave per accertamenti sull'omicidio.

In particolare, il giudice ha chiesto al governo italiano, responsabile per i quattro marò rimasti a bordo, di presentarsi domani con un'impegnativa che garantisca una loro eventuale disponibilità. Nell'udienza si è anche parlato dell'ipotesi di far scendere a terra i quattro militari in modo da permettere alla nave di salpare.

Intanto, oggi Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono comparsi davanti al giudice istruttore di Kollam che, su ordine dalla polizia, ha esteso di ulteriori due settimane (fino al 14 maggio) la carcerazione preventiva e anticipato la prossima udienza all'11 maggio. Si prevede che intorno a quella data le indagini siano completate e la polizia possa presentare i capi di incriminazione per il rinvio a giudizio.

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