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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2012 alle ore 07:56.
L'ultima modifica è del 07 aprile 2014 alle ore 11:20.

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«Don't say this name in Greece». «Non pronunciare questo nome in Grecia» dice Konstantinos che mi accompagna con il suo taxi per le strade di Atene e mi ha appena sentito citare Angela Merkel.

Ho passato qualche giorno nella Capitale di una Grecia ferita: volti esasperati, tanta sofferenza, ma anche un aeroporto e una metropolitana efficienti, i segni originari della nostra civiltà, il fascino del Partenone, il silenzio magico del Museo dell'Acropoli. Abbiamo detto e scritto tante volte che la Merkel e Sarkozy messi insieme non fanno, purtroppo, un Kohl. Soprattutto, non hanno fatto l'Europa. L'urlo di Konstantinos, indipendentemente dalle responsabilità che la classe politica greca ha di sicuro, esprime uno stato d'animo che tocca i nervi scoperti delle sovranità nazionali e costringe a misurarci con il disegno incompiuto dell'euro e le sue laceranti conseguenze.

Per dare un segnale "politico" importante (si tagli la spesa invece di alzare le tasse) Mario Draghi ha riunito il Consiglio direttivo della Bce a Barcellona, ma si è dovuta blindare una città con ottomila poliziotti mentre i giovani manifestavano contro i tagli all'università. A Romano di Lombardia, nel bergamasco, Luigi Martinelli, armato di un fucile a pompa e di due pistole, ha occupato la sede dell'agenzia delle Entrate e ha sequestrato 15 persone.

Ore di incubo con l'uomo barricato nell'ufficio, carabinieri e forze speciali schierati all'esterno. Nulla può giustificare azioni di questo tipo, in alcun modo. Su questo punto occorre essere fermi e netti. Non vedere, però, il disagio sociale che la questione fiscale produce sarebbe un atto di grave miopia. Non è più tempo di parlare, ma di fare. L'Europa e l'Italia hanno un solo imperativo: la crescita. Avere impedito che il nostro Paese diventasse la nuova Grecia, è un merito che va riconosciuto al governo Monti. Ora, però, deve evitare che si rompa la fibra della coesione sociale e ha una strada obbligata: si inventi uno strumento e faccia in modo che lo Stato trasferisca al mondo delle piccole imprese la liquidità dovuta, tagli davvero la spesa per ridurre la pressione fiscale. In Europa, poi, si faccia sentire. Chieda e ottenga che si torni a investire. Le sovranità nazionali non tollererebbero altre soggezioni di sorta.

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