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Questo articolo è stato pubblicato il 14 maggio 2012 alle ore 18:06.

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Roberto Adinolfi, dirigente di AnsaldoRoberto Adinolfi, dirigente di Ansaldo

«Temo che a breve possa accadere di nuovo qualcosa di grave», dice quasi fra sé il commentatore della crisi di Atene, se soprattutto la crisi politica e lo stallo dei colloqui non trovano una soluzione a breve. Il giornalista di Ski si riferisce all'episodio che ha visto Konstantinos Bogdanos, 34 anni, un giornalista e presentatore televisivo dell'emittente privata greca Skai Tv, lo stesso gruppo che edita il quotidiano Kathimerini, essere aggredito e malmenato la notte tra mercoledì e giovedì 10 maggio all'1,30 da tre sconosciuti nel quartiere Exarchia di Atene mentre stava salendo sulla propria auto. Il giornalista che aveva pesantemente ironizzato nel suo programma sulla scelta di votare per Syriza, il partito di sinistra radicale favorevole alla revisione dei patti con la Ue, è stato estratto con forza dalla vettura, strattonato, gettato a terra e colpito con calci e pugni.

Secondo Bogdanos, gli aggressori - mentre lo stavano picchiando - hanno pronunciato chiaramente il nome dell'emittente tv e fatto riferimento al Memorandum firmato da Atene con i creditori internazionali. Ricoverato in ospedale, i medici hanno riscontrato al giornalista vari ematomi e una frattura ad una mano. Interpellati i suoi colleghi hanno espresso preoccupazione per l'azione intimidatoria invitando però alla calma prima di dare matrici politiche al gesto. Allarme ingiustificato di giornalisti sotto stress? Non proprio visto che gli anarchici hanno dato fuoco a decine di edifici in pieno centro di Atene in occasione dell'ultima approvazione del piano di austerity tra il plauso della folla in piazza Syntagma due mesi fa mentre due anni fa veniva colpita la sede della banca Marfin uccidendo cinque impiegati bruciati vivi nel rogo.

I responsabili del rogo non sono mai stati trovati dalla polizia. Un movimento semiclandestino che il 22 luglio 2010 aveva assassinato a colpi d'arma da fuoco Socrate Giolias, un giornalista scomodo al potere per la sua attività investigativa, colpito alle cinque davanti a casa sua alla periferia di Atene, con 19 colpi di una pistola poi risultata usata in precedenza da un gruppo armato denominato "Setta dei rivoluzionari".
Il giornalista era stato ucciso davanti al portone di via Dedalou 21, a Iliopouli, tranquillo e ordinato quartiere orientale della capitale. Il commando, che indossava divise da poliziotto e giubbotti antiproiettile, aveva fatto scendere in strada Giolias con l'inganno, sostenendo che gli stavano rubando la macchina. Poi l'assalto, mortale al giornalista che lavorava come direttore alla radio Thema 98,9 fm. Al funerale, i suoi colleghi avevano indossato magliette con stampata davanti la faccia guascona del loro direttore e sulle spalle un bersaglio. «Non molliamo, andiamo avanti».

Dimitris Popotas e Aria Kaliba avevano scritto un articolo per il blog della radio dove sostenevanoo che l'arma dell'assassinio riconduceva ai terroristi di "Setta dei rivoluzionari" ma le modalità sono da deliquenza comune. «Forse - ipotizzavano - c'è stata una collaborazione tra i due mondi, tra criminalità e chi vuole seminare terrore con atti da guerriglia urbana». Mistero sul movente, forse nascosto nei file del pc del giornalista. Giolias, 37 anni, era anche il creatore del sito, Troktiko, tra i più visitati del paese con mezzo milione di contatti quotidiani. Un tipo di informazione scandalistica che aveva fatto tremare il precedente governo Karamanlis, rivelando lo scandalo immobiliare del monastero di Vatopedi che costò le dimissioni ad alcuni ministri. Un episodio che non ha ancora trovato i responsabili.

Giolias era diventato un simbolo del giornalismo scomodo, forse suo malgrado, soprattutto dopo una feroce querelle con i siti alternativi di Indymedia e soprattutto dopo che aveva ribattuto al volantino di minacce di "Setta dei rivoluzionari" con un articolo sferzante, caustico, durissimo contro gli estremismi armati. Forse a perderlo è stato il seguito di massa che aveva tra i giovani, con il suo atteggiamento antisistema che faceva presa e con cui tuttavia condannava il nichilismo dei terroristi. Tanto più che lui, a differenza del suo ex mentore Triandafylopoulos e del suo editore Anastasiadis, non aveva scorta armata ed era dunque un bersaglio facile.

Girava solo e inconsapevole di essere diventato forse un pericolo per qualche gruppo di potere a cui aveva pestato i piedi o per i terroristi, che non gli perdonavano di praticare il riformismo del sistema denunciando, seppure grossolanamente e demagogicamente, la corruzione e facendo presa su quella gioventù che è il terreno di reclutamento dei gruppi terroristici. Atene intanto tiene il fiato sospeso per la crisi politica, la possibile uscita dall'euro e per il ritorno della violenza. «Per ora non sappiamo se sia l'inizio di una nuova stagione di piombo, sappiano solo che siamo in un limbo», dice un collega del quotidiano Kathimerini.

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