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Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2012 alle ore 17:11.

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Nella foto gli scontri tra polizia e dimostranti nella piazza Syntagma ad Atene (Reuters)Nella foto gli scontri tra polizia e dimostranti nella piazza Syntagma ad Atene (Reuters)

ATENE - La notizia del voto anticipato in Grecia ha fatto sprofondare la Borsa di Atene al -4,25% ma non sembra aver scosso più di tanto i greci che passeggiano tranquilli in piazza Syntagma di fronte al Parlamento. Nessuno è davvero preoccupato, se lo sentivano che l'impasse non sarebbe stata risolta, un groviglio troppo complicato. Un voto il prossimo 10 o 17 giugno, che dopo il fallimento degli ultimi negoziati per la formazione di un governo di unità nazionale, il presidente Carolos Papoulias ha dovuto indire perché non c'erano altri margini di trattativa.

«Andiamo verso nuove elezioni, nel giro di pochi giorni e in condizioni davvero pessime», ha commentato il leader del Pasok, Evangelos Venizelos, al termine dell'incontro avuto con il presidente e i leader di Nuova Democrazia, Antonis Samaras, e di Sinistra Democratica, Fotis Kouvelis, mentre una nota diffusa dall'ufficio del presidente fa notare semplicemente che il tentativo di formare un governo "tecnico" è fallito.

Ora Alexis Tsipras, il leader di Syriza, la coalizione di sinistra radicale, dato dai sondaggi al 25% dal 16,78%, potrebbe diventare il primo partito e raggiungere 120 seggi su 300. Ancora pochi per la maggioranza, ma abbastanza per impedire la formazione di nuovi esecutivi. La Grecia è al capolinea dell'euro? «Si stava meglio con la dracma», risponde Nikos, 28 anni, che sta pensando di emigrare in Australia visto che la disoccupazione giovanile è arrivata al 50 per cento.

Una situazione dove i partiti pro-euro, Neo Dimokratia di Antonis Samaras, e il Pasok di Venizleos hanno raggiunto appena 149 seggi su 300. Troppo pochi per governare. È la fine di un'epoca iniziata nel 1974, dalla caduta dei colonnelli, di un bipartitismo dinastico che ha visto alternarsi i Papandreou ai Karamanlis e ai Mitzoka.

Era dal 1956, dalla fine della guerra civile, che un membro della sinistra radicale in Grecia non veniva incaricato di formare un governo e ora punta a diventare il primo partito di Grecia. E' un momento, paragonabile alla fine del Pentapartito in Italia. Ma Tsipras, leader di Syriza, la coalizione delle sinistre, ha puntato sul voto anticipato da subito. Ha inviato lettere al presidente della Bce, Mario Draghi, e al presidente della Unione europea Herman Van Rompuy per dire che gli «accordi presi dal precedente governo sull'austerity non sono più validi» e ha chiesto incontri con il neo presidente francese François Hollande.

La gente in Grecia ha votato per «rabbia» (i partiti anti-austerity) o per «paura» (i neonazisti di Alba dorata), considerando i due partiti tradizionali (Pasok e Neo Dimokratia) delle formazioni che si sono trasformate negli ultimi 40 anni di potere in partiti clientelari giunti al capolinea della bancarotta.

Alla fine però è la rivincita dell'ex premier socialista George Papandreou, oggi emarginato, che aveva proposto di fare un referendum pro o contro il pacchetto di austerità l'anno scorso. Se si fosse tenuto un anno fa, ma l'ex presidente francese Nicolas Sarkozy si era impuntato al vertice di Cannes chiedendo di non farlo, oggi non saremmo a questo punto e il governo pro-Europa sarebbe ancora in carica. Il popolo avrebbe detto cosa voleva fare senza far crollare il governo: se avesse promosso l'accordo si sarebbe andato avanti, se lo avesse bocciato si sarebbe ridiscusso, ma senza far crollare l'esecutivo né l'urgenza di trovare una maggioranza.

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