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Questo articolo è stato pubblicato il 16 maggio 2012 alle ore 13:31.
Umberto Bossi è indagato dalla Procura di Milano nell'ambito dell'inchiesta sui fondi della Lega. Indagati anche i figli Renzo, Riccardo e il senatore Piergiorgio Stiffoni. L'avviso di garanzia è stato notificato al fondatore della Lega Nord mentre si trovava nel suo ufficio, nel quartier generale di Via Bellerio a Milano. Il senatùr è indagato per truffa ai danni dello Stato in concorso con l'ex tesoriere Francesco Belsito.
Nel mirino, 18 milioni di rimborsi elettorali ottenuti dal partito con un rendiconto, secondo l'accusa, infedele presentato nell'agosto del 2011. Nei confronti del leader della Lega ci sarebbero agli atti dell'indagine non solo le dichiarazioni rese dallo stesso Belsito, ma anche elementi documentali.
Secondo gli inquirenti, Umberto Bossi, in qualità di legale rappresentante della Lega, sarebbe stato consapevole che i fondi della tesoreria gestita da Francesco Belsito venivano usati per scopi diversi da quelli legati al partito. «Bossi risponde come segretario federale che redige i conti - ha spiegato il procuratore capo, Edmondo Bruti Liberati - e abbiamo elementi utili per dire che c'è sotto una sua consapevolezza».
A determinare gli inquirenti sono state anche le dichiarazioni di Nadia Dagrada, dirigente amministrativo della Lega, la quale a verbale ha dichiarato che Umberto Bossi era la persona che firmava i bilanci e i rendiconti della Lega.
Il senatore Piergiorgio Stiffoni ha ricevuto un'informazione di garanzia nella quale si contesta il reato di peculato. Il sospetto del procuratore aggiunto, Alfredo Robledo, che coordina le indagini assieme ai pm Roberto Pellicano e Paolo Filippini, è che abbia usato a fini personali i fondi destinati al Senato e sul cui conto corrente aveva la firma.
Una «paghetta» per i figli di Bossi
Riccardo Renzo Bossi, i due figli, sono invece indagati per appropriazione indebita in relazione alle loro spese personali pagate, secondo l'accusa, con i fondi del partito. I due rispondono di appropriazione indebita in concorso con l'ex tesoriere della Lega Francesco Belsito.
I figli del senatùr avrebbero percepito anche una «paghetta» mensile di 5mila euro ciascuno. È quanto emerge dalle indagini della Procura di Milano: gli accertamenti sulla «paghetta» ipotizzata riguardano gli anni 2008-2011.
«Ne ho parlato oggi con papà», avrebbe scritto Riccardo Bossi in una lettera indirizzata a Francesco Belsito, all'epoca tesoriere della Lega Nord, nella quale il figlio di Umberto Bossi elenca una serie di spese da pagare. La missiva è emersa dalle carte dell'inchiesta della procura di Milano sui rimborsi elettorali del Carroccio. La lettera di Riccardo Bossi era custodita nella cassaforte di Belsito a Roma e messa all'interno della cartella «the family». Questa lettera è tra gli atti che proverebbero la consapevolezza di Umberto Bossi delle spese sostenute dai suoi figli e pagate con i soldi del partito.
Le reazioni all'interno della Lega
Intanto, Roberto Maroni quattro ore fa ha scritto su Facebook che «Per faccendieri, ladri e ciarlatani non c'è posto nella Lega del futuro». «Voglio una Lega unita, voglio una Lega forte, voglio una Lega viva. Una Lega che si concentra sulle cose da fare e non sulle menate interne, che progetta e governa, che dà risposte». «Largo ai giovani e a chi è capace», conclude Maroni.
«Ho sempre avuto ed ho estrema fiducia nella magistratura - commenta dal Nord-Est il presidente del Veneto, Luca Zaia - che è l'unica titolata a celebrare i processi e quindi a verificare e accertare la verità all'interno delle uniche sedi deputate, ovvero i tribunali». «Anche in questo caso, alla fine di questo percorso se saranno riconosciute responsabilità - dichiara Maroni - chi ha sbagliato dovrà pagare».
«Chi ha sbagliato in Lega ha già pagato» è invece il parere di Matteo Salvini, europarlamentare e consigliere al Comune di Milano per il Carroccio, in corsa per la segreteria della Lombardia. «Si usa la Lega per coprire e gettare ombre sul fallimento di questo governo. Evidentemente - incalza - all'opposizione continuiamo a dar fastidio». Quanto a Bossi, «chi lo conosce sa bene che di soldi lui in Lega ne ha solo messi, di soldi e di salute». Nessun dubbio su di lui, quindi? «Nessuno», risponde secco Salvini.
Al vaglio le posizioni della moglie di Bossi e di Rosi Mauro
I pm di Milano, che indagano sui fondi della Lega, stanno vagliando anche, da quanto si è saputo, le posizioni della moglie di Umberto Bossi, Manuela Marrone, e della vicepresidente del Senato, Rosi Mauro, che allo stato non sono indagate. Secondo gli inquirenti, infatti, sono necessari ulteriori approfondimenti sui soldi che sarebbero stati destinati alla scuola Bosina fondata dalla moglie del Senatur e sui fondi che sarebbero andati al Sindacato Padano fondato da Mauro.
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