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Questo articolo è stato pubblicato il 24 maggio 2012 alle ore 07:22.

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Cosa sta facendo il sistema politico per recepire con la dovuta urgenza il messaggio delle elezioni? Abbastanza poco, com'era prevedibile. Riepiloghiamo.
Primo. È stata votata alla Camera dalla maggioranza Alfano-Bersani-Casini una riduzione al 50 per cento dei rimborsi elettorali previsti per il 2012.

Un taglio di 90 milioni di euro che purtroppo arriva tardi e male. Fatto ora, dopo i successi di Grillo, sembra (e in parte è) l'omaggio che il vizio rende alla virtù. Una concessione "obtorto collo" imposta dalle circostanze. Peraltro il meccanismo è complicato e non del tutto trasparente. Ha già sollevato le critiche non solo delle forze contrarie (Lega, radicali, IdV), ma anche di Arturo Parisi, l'uomo delle scomode verità all'interno del Pd. Un metodo più semplice, in grado di rendere il cittadino arbitro della materia, era stato proposto da Nicola Rossi, riecheggiando in parte la proposta Capaldo, ma è stato bocciato dall'aula. In sostanza, si è persa un'occasione: un anno fa sarebbe parsa adeguata, oggi è in grave ritardo sugli eventi.

Secondo. La riforma elettorale è ferma intorno a un «tavolo tecnico». Si attende la settimana successiva al 2 giugno, festa della Repubblica, per affrontare la questione. Il Pd difende l'ipotesi del doppio turno, suo antico vessillo. Ma è difficile capire se si tratti, appunto, di una mera posizione di bandiera oppure di un obiettivo su cui si sta tessendo un'intesa trasversale con il Pdl e le altre forze. Qualche segnale positivo c'è, a voler essere molto ottimisti, ma tutto è molto nebuloso e il tempo stringe. Tant'è che Massimo D'Alema ha introdotto nella discussione uno spunto interessante: se alla fine restasse il "Porcellum", ha detto considerando più che plausibile questo scenario, «occorrerà organizzare le primarie per scegliere i candidati del Pd».

La sensazione è che pochi si rendano conto di cosa vorrebbe dire presentarsi al voto del 2013 con la vecchia e vituperata legge elettorale, dopo aver promesso all'opinione pubblica, nell'arco degli ultimi anni, che quel testo sarebbe stato di sicuro cancellato. Si conferma una volta di più che sono i partiti a far campagna elettorale per Grillo. Eppure è evidente che una soluzione a portata di mano oggi esiste ed è proprio il doppio turno francese: il modello più capace di restituire credibilità a un sistema sfilacciato e di promuovere un reale ricambio del personale politico nei collegi uninominali.
Terzo, i correttivi alla Costituzione, tra i quali una modesta riduzione del numero dei parlamentari, sono in commissione Affari Costituzionali al Senato. Il cammino è lento e faticoso, al punto che ormai quasi nessuno crede in buona fede che la riforma sarà approvata prima della fine della legislatura. «La riproporremo subito al nuovo Parlamento» dice Bersani. Certo, è il male minore e l'unica cosa da fare. Ma in pratica è un'altra sconfitta di una società politica sfibrata.

Ieri il presidente della Repubblica, con toni commossi, si è rivolto ancora ai partiti perché dimostrino di sapersi rinnovare e ai giovani perché non girino le spalle alla politica. Sembrava un estremo, disperato appello. Ma il quadro generale, come abbiamo visto, rimane inerte. Le convulsioni del partito berlusconiano dominano la scena, insieme alla totale mancanza di idee su come restituire un'identità alla cosiddetta area moderata. E intanto il tempo passa.

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