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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2012 alle ore 09:39.

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CITTA' DEL VATICANO - Choc in Vaticano: ieri è stato arrestato uno dei maggiordomi del Papa, con l'accusa di essere il "corvo" dentro le mura leonine, il responsabile delle clamorose fughe di notizie e documenti degli ultimi tempi. La persona è stata arrestata dalla Gendarmeria vaticana perchè trovata «in possesso illecito di documenti riservati».

Si tratta di Paolo Gabriele, che ricopre da qualche tempo l'incarico di «aiutante di camera» di Benedetto XVI, e quindi opera all'interno dell'appartamento papale. La notizia è stata anticipata attorno all'ora di pranzo e poco dopo confermata dalla sala stampa (ma non il nome). Informato dell'arresto Benedetto XVI è rimasto particolarmente «addolorato», ha detto all'Ansa una fonte vicina al Papa, sottolineando come «si tratti di vicende dolorose» e come il Pontefice, «consapevole della situazione» mostri «partecipazione» e sia «rattristato e colpito».

Giovedì pomeriggio Gabriele è stato prima fermato dagli agenti della Gendarmeria, al comando dell'ispettore generale Domenico Giani, per il possesso del materiale riservato e quindi interrogato ieri mattina dal promotore di giustizia, Nicola Picardi, il pm del Vaticano, che lo fatto porre agli arresti. L'uomo è trattenuto in stato di detenzione e sorvegliato e «si trova ora - ha spiegato il portavoce vaticano padre Federico Lombardi - a disposizione della magistratura vaticana per ulteriori approfondimenti».

La Gendarmeria, nei suoi accertamenti, ha seguito anche le indicazioni della Commissione cardinalizia d'inchiesta nominata dal Benedetto XVI per indagare sui cosiddetti «Vatileaks» degli ultimi mesi, guidata dal cardinale Julian Herranz e composta dagli altri porporati Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi.

In Vaticano, comunque, circolano già dubbi sulla possibilità che Gabriele sia effettivamente il «corvo», anche se - si obbeitta - sono state fatte verifiche accurate proprio perchè si tratta di una persona della ristretta cerchia papale. E in ogni caso ciò che si presume è che, eventualmente, non abbia agito da solo. Una fonte qualificata ha infatti affermato che la caccia alla talpa «non è finita», preannunciando nuovi clamorosi sviluppi.

La vicenda ad ogni modo scoppia all'indomai della sfiducia al presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi. Uno degli addebiti che gli sono stati mossi, oltre alle carenze nella "governance" dell'istituto, è stato appunto l'aver fatto filtrare all'esterno informazioni riservate del Vaticano (accusa peraltro respinta con forza dal banchiere).Sono due, quindi, i laici finora chiamati in causa per le fughe di notizie vaticane, come ha rilevato Gianluigi Nuzzi, l'autore di «Sua Santità», il libro ricco di rivelazioni e lettere riservate che ha scatenato la reazione vaticana che nei giorni scorsi ha parlato di «atti criminosi».

Il libro rivela in particolare lettere e accuse sul caso dell'ex direttore di «Avvenire» Dino Boffo, vicenda che ha molto avvelenato i pozzi vaticani e della politica italiana, e cui effetti evidentemente non si sono esauriti. Oltre all'indagine interna condotta dalla Gendarmeria e supervisionata dalla Commissione cardinalizia, la Santa Sede ha annunciato che ricorrerà alla giustizia ordinaria contro il furto, la ricettazione e la divulgazione di «notizie segrete». Per questo chiederà anche la «collaborazione internazionale».

Il procedimento penale avviato dalla magistratura vaticana contro Paolo Gabriele segue per grandi linee quelli che si svolgono in Italia. La procedura penale vaticana, infatti, è per larga parte sovrapponibile a quella italiana. Il promotore di giustizia Picardi svolge un ruolo analogo a quello del pubblico ministero: compete a lui svolgere l'istruttoria sulla vicenda, interrogare l'indagato (il quale ha la facoltà di farsi assistere da un legale di fiducia) e acquisire le prove. A conclusione dell'istruttoria, il promotore presenta le conclusioni (richiesta di giudizio o di archiviazione) a un giudice unico, Piero Antonio Bonnet.

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