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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2012 alle ore 07:10.
L'ultima modifica è del 30 maggio 2012 alle ore 09:05.
C'eravamo trovati solo 15 giorni fa a Modena, in casa della Cna a discutere della solitudine dei piccoli dentro la crisi. Con il secondo popolo, quello dei capannoni, del capitalismo molecolare che si era sentito meno solo. C'era il presidente della Regione, Il Sole 24 Ore, le rappresentanze, tutti assieme ci siamo detti che il momento è difficile.
Abbiamo sopra la testa la turbolenza finanziaria dell'euro e dei debiti sovrani, qualcuno entra nel tunnel della disperazione ma, dobbiamo tenerci per mano, sentirci un popolo che lavora, che fa comunità operosa e accettare la sfida della metamorfosi dentro la crisi. Come non bastasse quello che si aveva sopra la testa, proprio lì, dove l'Italia è più Italia dell'economia diffusa, dei distretti, delle filiere produttive, dal profondo della terra matrigna è arrivato un terremoto che sembra non avere quiete.
Feroce nel suo colpire i simboli della comunità: chiese, torri, che segnano i paesi, e i capannoni con i loro morti sul lavoro, di notte per fare le consegne, anche perché gli ordini sono già pochi, di giorno per ricostruire e continuare a produrre per non uscire dalla filiera. Che qui, più che altrove, tiene assieme artigiani, piccole imprese con le medie e le eccellenze che segnano il territorio. Senza di loro, senza i loro capannoni, la Ferrari non sarebbe un simbolo del made in Italy.
In provincia di Modena e Ferrara sono 100mila le imprese attive, più di una ogni dieci abitanti. Vi lavorano oltre 330mila persone. Esportano e competono nella crisi per 13 miliardi di euro. Nei paesi epicentro del terremoto da Medolla a Cavezzo, da Carpi a Mirandola, da Novi di Modena a Finale Emilia sono nate 440 nuove imprese. Sono citazioni e numeri da economia del territorio che oggi lasciano il passo a sentimenti di solidarietà e vicinanza con quell'Italia di mezzo architrave che tiene assieme il Paese da nord a sud. Inchiniamoci di fronte a questo popolo operoso della Via Emilia e non lasciamoli soli nel loro ricostruire paesi e capannoni. Senza la loro operosità, senza la loro vitalità, il Paese tutto non sarebbe più lo stesso. Che nessuno resti solo in questo momento difficile. Ce la faranno e ce la faremo.
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