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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2012 alle ore 07:38.
La prima notte del secondo day after dei terremoti in Emilia è trascorsa in uno scenario lunare per almeno 15mila sfollati. Poche voci, occhi sgranati e insonnia sono il tratto comune per tutti nei centri d'accoglienza allestiti in fretta e furia e già stracolmi di gente che nel sisma ha perso la casa e la speranza. «Certo ci sono i numeri ufficiali di chi ha trascorso la notte nei palazzetti - spiega l'assessore alla Protezione Civile della Provincia di Bologna, Emanuele Burgin - ma non tengono conto delle tantissime persone che, pur terrorizzate e con la casa inagibile hanno dormito in macchina, parcheggiati davanti a quella stessa casa che non vogliono abbandonare».
Paura degli sciacalli o bisogno di tenersi aggrappati a un punto di riferimento psicologicamente (e in questi casi solo psicologicamente) stabile come le proprie mura: le ragioni sono sempre le stesse. Il terremoto lacera la stabilità emotiva delle persone che colpisce: travolge case e palazzi, mina le fondamenta dell'anima come quelle delle abitazioni e delle fabbriche.
Così a meno di 24 ore dalla scossa di 5.8 gradi della scala Richter l'Emilia è piegata su se stessa. Hanno voglia a dire che «gli emiliani sono gente orgogliosa che ce la farà» (Annamaria Cancellieri, ministro degli Interni) o che non si devono sentire abbandonati (Mario Monti), qui è desolazione, silenzio e angoscia. Con la terra che trema ancora e non si ferma: quarantuno le scosse nella notte, la più forte di 3.4 gradi. Si fa fatica, pur con tutta la buona volontà del mondo, ad essere fiduciosi quando si sta seduti su un pavimento che balla.
I più spaventati sono gli anziani, a volte soli, che in molti casi si sono rivolti ai volontari della Protezione Civile per chiedere aiuto. A Mirandola almeno una decina sono arrivati al punto di raccolta dati sui dispersi dicendo di non sapere più chi erano e cosa facevano. Questa è terra di imprese eccellenti (il distretto del biomedicale di Mirandola contava 150 aziende per un giro d'affari da 800 milioni di euro di cui, al momento, almeno l'80% danneggiate) ma anche di contadini, di vecchi casolari sparsi sulla campagna. Da qui sono in pochi a volersene andare, orgoglio paura o testardaggine, mille i motivi: «abbiamo le mucche da mungere», dicono in tanti. Così restano, magari a dormire nell'aia, se proprio in casa non possono rientrare. E con la paura provano a convivere.
Ieri i medici di base del modenese hanno girato per la provincia come trottole, hanno bussato alle porte della gente e alle persone più spaventate hanno distribuito manciate di ansiolitici. Che l'ansia qui sembra essere diventata il sindaco.
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