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Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2012 alle ore 08:10.

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«Nella chiara distinzione dei ruoli e delle finalità, la Milano positivamente "laica" e la Milano della fede sono chiamate a concorrere al bene comune» in un momento in cui sono sempre di più coloro che «hanno bisogno di aiuto e conforto e sono afflitti da varie preoccupazioni: persone sole, disoccupati, ammalati, carcerati, chi è privo di una casa o dell'indispensabile per una vita dignitosa».

Papa Benedetto XVI apre le porte al dialogo con i non credenti e sottolinea l'impegno della diocesi di Milano per sostenere «le famiglie più colpite dalla crisi economico-finanziaria» nel discorso di saluto ai milanesi che ieri pomeriggio lo hanno stretto in un abbraccio affettuoso al suo arrivo in piazza Duomo. Insieme ai fedeli giunti a Milano da tutta Italia e da altri 150 paesi per il settimo incontro mondiale delle famiglie.
La Milano «crocevia di popoli e culture» ricordata Benedetto XVI, era ben rappresentata dalla ricchezza di «diversità» che riempivano la piazza: 60 mila persone per gli organizzatori. Con gli oratori della Lombardia e con le famiglie che partecipano al congresso, erano tanti anche i turisti curiosi, gli impiegati degli uffici e delle banche del centro ancora in grisaglia e cravatta, gli studenti passati in Duomo a sentire il saluto del papa che mancava da Milano da quasi 30 anni. L'ultima visita di un pontefice, infatti, risale al 1984, quando Giovanni Paolo II giunse a Milano per il quarto centario della morte di San Carlo Borromeo.

«La storia e i destini di questa "terra di mezzo" sono impregnati da un solido intreccio di cristianesimo e civiltà» aveva detto poco prima il cardinale Angelo Scola nel presentare la "sua" città al Papa, descrivendo un «popolo laborioso, accogliente, generoso». Tratti che «continuano a irrorare come un fume carsico il terreno della comunità cristiana e della società civile anche in questo tempo di grande travaglio. Milano è cambiata – ha aggiunto l'arcivescovo – e sta cercando il suo nuovo volto. Ha la necessità di ripensare il mondo del lavoro e della finanza, di cui resta in Italia la capitale».

Un saluto caloroso e franco è stato quello del "laico" Giuliano Pisapia, l'unico politico a prendere la parola, che ha dato il benvenuto al Papa anche «a nome della città e di tutti quegli uomini e quelle donne che arrivano da 170 paesi del mondo e che hanno scelto Milano come luogo per vivere. Un benvenuto da parte dei cattolici, che sono la maggioranza, e di tutti i credenti, perché la fede non è motivo di divisioni ma di coesione. Benvenuto anche dai non credenti – ha sottolineato il sindaco – perché le diversità non possono essere motivo di scontro ma fonte di aggregazione». Famiglia e lavoro, ha detto ancora Pisapia rivolto al Papa, «sono il nostro ponte» per «abbattere le barriere, aperti al contributo di tutti, al di là delle bandiere, oggi che la crisi ci impone di cambiare. Il messaggio di Cristo si unisce a quello di chi vuole ridurre le differenze».

Il papa, che giunge a Milano in uno dei momenti più difficili della storia recente della Chiesa, ha ricordato l'impegno di Milano per contrastare gli effetti sociali della crisi economica (il Fondo famiglia e lavoro, lanciato a Natale 2008 dal cardinale Tettamanzi ha già raccolto 14 milioni di euro) e ha invitato «ad una generosa solidarietà» verso le popolazioni dell'Emilia colpite dal terremoto, per le quali la diocesi ambrosiana «si è attivata subito, insieme all'intera Chiesa e alla società civile».
Il papa ha ricordato «i grandi pastori» che in «modo luminoso» hanno guidato la diocesi ambrosiana, da San Carlo Borromeo e S. Ambrogio, ai due arcivescovi giunti fino al papato: Achille Ratti, papa Pio XI, e Giovanni Battista Montini, papa Paolo VI. Tra gli altri «frutti spirituali significativi per il nostro tempo» ha citato santa Gianna Beretta Molla, sposa e madre impegnata nella Chiesa. Nessun accenno, invece, a don Giussani, con un pizzico di delusione – forse – per le migliaia di ciellini presenti con un vistoso striscione che a caratteri cubitali inneggiava a Comunione e liberazione.

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