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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2012 alle ore 18:30.
L'ultima modifica è del 06 giugno 2012 alle ore 14:41.

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È stata bocciata dal Consiglio regionale della Lombardia la mozione di sfiducia presentata da Pd, Idv e Sel - e votata anche dall'Udc - al presidente della Regione, Roberto Formigoni. Pdl e Lega hanno respinto la richiesta di dimissioni per andare al voto anticipato, al termine di un lungo dibattito. La votazione è avvenuta con voto palese. I sì alla mozione di sfiducia sono stati 28, 49 i no e nessun astenuto.

Giornata cruciale per il Governatore
È stato il giorno cruciale per la carriera politica di Roberto Formigoni, al quarto mandato da Governatore della Lombardia, da mesi al centro delle cronache giudiziarie per diverse inchieste sulla gestione della Sanità regionale che hanno coinvolto il Pirellone. Il Consiglio regionale lombardo ha messo ai voti una mozione di sfiducia al presidente promossa da Pd, Idv e Sel.

Voto anticipato priorità del centrosinistra
La sfiducia è stata presentata dopo gli sviluppi delle inchieste che hanno coinvolto il Pirellone e i risultati delle elezioni comunali, che hanno indotto il centrosinistra a sollecitare il voto anticipato, nella convinzione di poter vincere la sfida elettorale. Nella mozione si sostiene che l'attuale legislatura «è pesantemente segnata, sin dall'inizio, da diverse preoccupanti vicende che hanno fatto emergere su più fronti gravi problemi di rispetto della legalità».

Maggioranza non a rischio
La Giunta mancherebbe dunque di «credibilità» ma anche di «iniziativa» nel rilancio della Lombardia in questo periodo di crisi economica. E questo, fanno notare da Pd, Idv e Sel, «non è una questione giudiziaria, è politica». Sulla carta, però, la maggioranza di centrodestra Pdl-Lega ha i numeri per proseguire: in aula sarà presente Formigoni stesso, che nel pomeriggio probabilmente interverrà. Non sarà, invece, all'ordine del giorno la mozione dell'Udc che chiede l'azzeramento della Giunta senza ricorso alle urne.

Gli snodi delle inchieste
Ma come si è arrivati alla crisi di una presidenza - e di una giunta - che sembrava inaffondabile? Un primo snodo importante - dopo mesi di inchiesta - nell'aprile scorso, quando i giornali lanciano la notizia secondo cui Giancarlo Grenci, fiduciario svizzeri di Pierangelo Daccò, amico di Formigoni e uomo vicino a Comunione e Liberazione, arrestato per aver creato fondi neri nello scandalo del San Raffaele e aver distratto dal patrimonio della Fondazione Maugeri 70 milioni di euro in consulenze e appalti fittizi, afferma che Daccò avrebbe pagato viaggi aerei per lo stesso Formigoni, che però smentisce sostenendo di non aver ricevuto mai alcun beneficio.

Sanità lombarda nel mirino
L'inchiesta della Procura di Milano porta all'arresto di un ex assessore della Lombardia Antonio Simone e altre 5 persone, tra cui il direttore amministrativo della Fondazione Maugeri, Costantino Passerino, il presidente della Maugeri, Umberto Maugeri, e dello stesso Daccò (già in carcere nell'ambito dell'inchiesta sul S. Raffaele) quale consulente della Fondazione. Tra le accuse lanciate da Grenci, anche quella di un coinvolgimento «diretto» del presidente della Regione, che avrebbe usufruito di «viaggi gratis» dall'amico Daccò. A sostegno delle sue accuse, Grenci consegna agli inquirenti le ricevute relative ad alcuni viaggi di Formigoni pagati con la carta di credito di Daccò, a partire dal dicembre 2008.

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