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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2012 alle ore 07:22.
L'ultima modifica è del 14 giugno 2012 alle ore 07:28.

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Definirlo «contagio» è forse eccessivo, ma chiamarla «escalation» è certamente appropriato: il balzo segnato negli ultimi due giorni dai rendimenti dei titoli di Stato dell'Europa centro-settentrionale segnala infatti un chiaro allargamento del fronte d'attacco dei mercati, che dalle aree periferiche dell'Eurozona si estende ora fino al cuore della vecchia Europa.

Sotto tiro non ci sono più soltanto i BTp italiani e i Bonos spagnoli, ma anche i titoli di Stato olandesi, danesi, svedesi, inglesi, francesi e persino quelli tedeschi, con il Bund trentennale che in soli due giorni ha visto i rendimenti volare fino quota 2,21%, il livello più elevato degli ultimi tre anni. Solo la Svizzera resta zona franca: all'asta di ieri, il Tesoro elvetico ha collocato 267 milioni di franchi in titoli a 25 anni con un tasso dello 0,924%, nuovo minimo storico.

Anche se i tassi pagati dal salotto buono dell'Eurozona sono ancora ben distanti dai livelli di crisi spagnoli e italiani, la velocità con cui stanno salendo conferma l'urgenza di una svolta politica nella crisi dell'euro. I temporeggiamenti costano, anche alla Germania: ieri Berlino ha collocato 4 miliardi di euro di Bund decennali con un tasso del l'1,52%, in rialzo sull'1,47% dell'asta precedente, mentre sul mercato secondario lo stesso titolo segnava un balzo dei tassi di oltre il 5 per cento.

Il Bund ha così «contagiato» i titoli di Stato danesi, i cui rendimenti sono daliti del 2,4%, poi quelli svedesi (tassi decennali saliti del 4,7%) e infine gli olandesi, che hanno chiuso con un rialzo dei rendimenti del 2,86 per cento. Il messaggio è chiaro: se la Merkel non ha fretta, il mercato non ha pazienza. (A.Pl.)

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