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Questo articolo è stato pubblicato il 15 giugno 2012 alle ore 16:13.

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IL CAIRO. Egitto al voto per il presidente nel fine settimana . È il punto certo di partenza del nuovo capitolo. Anche quello finale, per il momento. Cosa accadrà dopo, da domenica sera, quando si conoscerà il vincitore fra l'islamista Mohamed Morsi e il candidato del vecchio regime Ahmed Shafik, non lo sa nessuno. Gli scenari sono diversi e tutti complicati.

Chi può vincere. Nel primo turno ha vinto a sorpresa Morsi, leader di Libertà e giustizia, braccio politico dei Fratelli musulmani. Ma, ancora più sorprendentemente, secondo è arrivato Ahmed Shafik, ex generale dell'aeronautica, ministro dell'Aviazione civile e ultimo premier di Hosni Mubarak. Il margine fra i due è stato minimo, lo 0,2%. Nei pronostici ora è Shafik ad essere in vantaggio. Dopo aver sciolto il Parlamento a maggioranza islamista e fatto una specie di golpe bianco, non si capisce perché militari e giudici dovrebbero permettere alla Fratellanza di conquistare la presidenza della repubblica. Questo presuppone che il voto sia manipolato: ipotesi alla quale crede la maggioranza degli egiziani. Anche se invece sarà trasparente, Shafik ha molte possibilità di vittoria. Il primo turno ha svelato che un numero sorprendente di egiziani preferisce ordine e sicurezza a democrazia e libertà. I due slogan non sono incompatibili. Ma per un'opinione pubblica appena affacciatasi al mondo dei diritti e dei doveri di una società civile democratica, lo sembrano.

I delusi e gli sconfitti. Il fronte eterogeneo delle opposizioni detesta sia i Fratelli musulmani che il candidato del vecchio regime. Ma i più moderati potrebbero scegliere Shafik. Ahmed Morsi è una seconda scelta del fronte islamista: «Grigio come la sua barba, datato come i suoi occhiali», ha scritto un giornale. La scarsa qualità della maggioranza parlamentare dei Fratelli musulmani, ha deluso molti elettori. Ma la fratellanza resta l'organizzazione politica egiziana più efficiente, dopo i militari. Ha la capacità di mobilitare la sua base.

L'evidenza del complotto svelato dalla decisione di sciogliere il Parlamento, potrebbe spingere gli altri partiti dell'opposizione laica e di sinistra a turarsi il naso e votare per gli islamisti. Improbabile ma possibile. La delusione di coloro che hanno partecipato alla Primavera egiziana, lottando e sperando, aumenterà l'astensionismo già alto al primo turno (più del 55%). Dover scegliere fra un ultra-religioso e un ex generale di Mubarak, è la prova di una sconfitta. Anche per questo domenica sera il risultato presidenziale potrebbe essere "too close to call": troppo ravvicinato per essere proclamato prima dello spoglio dell'ultima scheda.

Se vince Shafik. I militari della giunta che guida la transizione avevano annunciato che il primo luglio si sarebbero ritirati dalla politica. Ci hanno creduto in pochi. Ma se vince Ahmed Shafik lo faranno: Shafik è un generale, il loro uomo, fedele e sufficientemente grigio da non avere ambizioni di leadership. In assenza di un Parlamento e della nuova Costituzione che il Parlamento dovrebbe scrivere, Shafik sarà un presidente con gli stessi poteri assoluti di Hosni Mubarak. Il problema è capire se i militari e il loro uomo al comando, hanno assimilato la lezione della Primavera di piazza Tahrir; o credono che l'Egitto non sia cambiato, continuando a governare con lo stesso autoritarismo del vecchio regime.

Se vince Morsi. È la variante che rovinerebbe il disegno dei militari. Ma non così tanto: un piano B esiste già. Per cominciare lo Scaf, la giunta al comando, non farebbe il passo indietro promesso, giustificando la sua presenza con l'assenza di un Parlamento (da loro smantellato, attraverso la Corte costituzionale). Il governo di salute pubblica creato dallo Scaf resterebbe in carica a tempo indeterminato. In questo modo Mohamed Morsi sarebbe un presidente circondato dai militari, dal loro primo ministro e dal loro esecutivo. Gli islamisti potranno invocare i poteri presidenziali quasi assoluti, in assenza di una Costituzione riformata. Ma senza mobilitare la base e spingerla in piazza, non riusciranno a ottenerli.

La madre di tutte le varianti. Se Morsi vince la Corte costituzionale potrebbe riunirsi di nuovo e decidere che è un presidente illegale. Si era candidato alle presidenziali raccogliendo le firme di 35 deputati. È come prevede la legge. Ma ora che il parlamento è fuorilegge, anche la candidatura di Morsi tecnicamente lo è. Il lettore occasionale resterà sconcertato dalla complessità della vicenda egiziana. Si consoli pensando che anche i cosiddetti specialisti della materia ne stanno capendo poco.

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