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Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2012 alle ore 08:22.
L'ultima modifica è del 20 giugno 2012 alle ore 08:23.

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I derivati continuano ad aumentare, ma finché non saranno ben regolamentati rappresentano una possibile tossina, perché creano il rischio di un eccesso ingiustificato di volatilità. È un rischio che di questi tempi può provocare danni pubblici ingenti, se contribuisce ad aumentare la volatilità degli spread sui titoli pubblici. Possiamo permettercelo? O sarebbe meglio vietare - almeno temporaneamente - i derivati sui titoli di Stato?
L'ultima indagine di Mediobanca offre l'ennesima conferma: i contratti derivati continuano ad aumentare. Rispetto al prodotto interno lordo, il totale dei derivati sarebbe oggi pari al 254% in Svizzera, al 106% nel Regno Unito, al 55,3% in Francia, al 38,4% in Germania, al 15,3% in Spagna, al 10,7% in Italia.

La crescita dei derivati è una cattiva notizia, almeno finché non si sarà affrontato il problema dei danni macroeconomici che lo sviluppo non regolamentato di tali strumenti può provocare. Siamo di fronte ad un caso emblematico dei costi che si possono pagare quando non si vuole riconoscere che la ricerca individuale della migliore gestione del rischio attraverso uno strumento finanziario può creare dei rischi sistemici, e quindi l'uso di quello strumento va limitato.
L'utilizzo indiscriminato degli strumenti derivati è una delle conseguenze di quella sbornia - ancora purtroppo non smaltita - della cosiddetta regolamentazione «a tocco leggero». La regolamentazione a tocco leggero ha rappresentato il paradigma che la finanza - prima statunitense poi mondiale - ha adottato dalla fine degli anni '80, e cui i frutti si sono purtroppo visti a partire dal 2008.

La regolamentazione a tocco leggero si poggia su un postulato: se ciascun soggetto - individuo, impresa, banca - è messo nelle condizioni di assumersi al meglio il rischio, avremo come risultato automatico, positivo ed auspicato che le cose andranno bene anche a livello aggregato. Prendiamo i derivati: se tutti coloro che vogliono coprire un rischio - perché hanno un attività reale o finanziario che lo produce - sono messi nelle condizioni di farlo, l'allocazione delle risorse migliorerà. Per cui: spazio ai derivati di copertura, senza limiti.
Ma c'è di più: se tutti coloro che vogliono assumersi un rischio - perché scommettono sulla realizzazione o meno di un certo evento - sono messi nelle condizioni di farlo, il mondo sarà migliore. Per cui: spazio anche ai derivati speculativi, senza limiti.

La crisi finanziaria ha spazzato il postulato della regolamentazione a tocco leggero: non è vero che uno sviluppo non regolamentato di uno strumento finanziario è senza controindicazioni. Abbiamo visto che si può creare il cosiddetto rischio sistemico: il rischio può aumentare a danno di tutti, anche di coloro che non hanno direttamente partecipato agli scambi derivati. Il rischio sistemico è un caso di esternalità finanziaria: tutti rischiano di pagare i comportamenti non prudenti di una parte della popolazione; per non parlare dei comportanti insani scorretti veri e propri, più probabili quando gli scambi sono deregolamentati.
Il rischio sistemico va prevenuto in due modi congiunti: regolamentare i derivati e tassarli in funzione del loro rischio sistemico, quindi scoraggiando l'uso dei derivati speculativi.

Il fallimento della regolamentazione a tocco leggero è sotto gli occhi di tutti; ma cambiare non è semplice. Come spesso succede per le attività economiche e finanziarie - come i derivati - che hanno costi diffusi ma benefici specifici, la loro regolamentazione continua ad essere ostacolata da chi ne trae maggiori profitti: gli intermediari finanziari, soprattutto - ma non solo - anglossassoni. Finora le strombazzate riforme delle regole finanziarie negli Stati Uniti ed in Europa non hanno cambiato nei fatti nulla.
Ed allora continuiamo a tenerci un eccesso di volatilità che nulla ha a che vedere con i fondamentali reali del sistema economico, ma riflette ed amplifica uno stato di diffusa incertezza, che crea profitti privati e danni pubblici. Emblematico il caso degli spread sui titoli pubblici: quando del loro erratico procedere è spinto ed esasperato da derivati meramente speculativi?

Cosa può fare la politica della regolamentazione? Una prima strada è continuare ad attendere che negli Stati Uniti e/o in Europa si facciano passi concreti. Una seconda strada - magari in attesa che la prima si concretizzi - è disegnare subito provvedimenti di deterrenza, che aiutino l'Europa ad intraprendere la strada giusta. Ad esempio: il Governo propone ed il Parlamento approva una legge che autorizza le autorità di vigilanza a vietare temporaneamente i derivati speculativi sui titoli di stato. In situazioni eccezionali - come quelle che stiamo vivendo - divieti mirati e temporanei possono far molto bene all'economia di mercato. Almeno a quella sana.

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