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Questo articolo è stato pubblicato il 21 giugno 2012 alle ore 07:36.
L'ultima modifica è del 21 giugno 2012 alle ore 09:25.

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Nel 1983, anche grazie all'incessante pressione di Mario Monti, la Banca d'Italia abbandonò il vincolo di portafoglio per gli istituti di credito, ovvero l'obbligo per le banche di investire una quota del loro attivo in titoli di Stato italiani. Come appresi direttamente nelle aule della Bocconi, Monti criticava il vincolo di portafoglio perché distorceva l'allocazione del credito e, tenendo artificialmente basso il costo del debito pubblico, eliminava la pressione politica a una sua riduzione.
Oggi, se le notizie che trapelano dal vertice di Los Cabos sono corrette, il presidente del Consiglio Mario Monti sembra aver cambiato idea. Vuole usare lo European Financial Stability Fund (Efsf) per ridurre artificialmente il costo del debito pubblico italiano, allentando così la pressione politica per una riduzione del debito. Le condizioni sono ovviamente diverse, ma stupisce che il professor Monti che credeva nell'importanza di non distorcere i segnali del mercato si sia convertito alla visione dei mercati della maggior parte dei politici nostrani, per cui i prezzi non sono importanti segnali, ma il prodotto della mancanza di lungimiranza dei perfidi speculatori.

Che venga da Monti o no, l'idea di usare l'Efsf per acquistare titoli di Stato spagnoli e italiani sul mercato secondario è non solo sbagliata, ma anche pericolosa. Sbagliata perché si basa sul presupposto che il costo del nostro debito non abbia alcuna base reale, ma sia solo il frutto della speculazione. Come ho già scritto su queste pagine, per contenere il rapporto debito/Pil ai livelli attuali l'Italia deve mantenere un avanzo primario medio del 3,6% del Pil per i prossimi trent'anni. Oggi quest'avanzo è stato faticosamente raggiunto, ma chi ci assicura che sarà mantenuto nel futuro? È follia speculativa dubitarne?
Come per il vincolo di portafoglio, questi acquisti forzati di titoli cercano di curare l'infezione abbassando artificialmente la temperatura del termometro. È una strategia sbagliata anche perché non riduce direttamente il costo del nostro debito (come avverrebbe con degli acquisti di titoli pubblici sul mercato primario), ma solo indirettamente. Il costo per lo Stato italiano si riduce solo nella misura in cui gli acquisti sono talmente elevati da cambiare il prezzo a cui i nuovi titoli saranno emessi. È il modo più inefficiente per usare le (limitate) risorse dell'Efsf.

A cosa servono questi acquisti se non a limitare le perdite degli investitori esteri? Come già successe con gli acquisti di titoli greci da parte della Bce, la notizia che un Efsf con risorse limitate acquista titoli sul mercato sarà presa come un segnale a vendere. Gli investitori esteri, desiderosi di alleggerirsi dei nostri titoli in portafoglio, si affretteranno a farlo, per limitare le perdite. Gli investitori italiani, invece, per senso del dovere o "moral suasion" del governo continueranno a detenerli.
Se, come è successo alla Grecia e come è probabile che capiti anche nel nostro caso, questa manipolazione temporanea dei tassi da parte dell'Efsf non funziona e l'Italia si trova costretta a ristrutturare il proprio debito dopo questo intervento, lo dovrà fare in maniera molto più massiccia e più costosa per i suoi cittadini. Se la Grecia avesse ristrutturato il suo debito nel 2010, un "haircut" del 50% sarebbe bastato a metterla in condizioni sostenibili. Invece gli interventi di salvataggio della Bce e dell'Efsf hanno contribuito solo a trasferire il debito greco dagli investitori esteri privati a organismi internazionali, che non accettano rinegoziazioni, riducendo la base di debito cui l'haircut si può applicare e quindi aumentando l'haircut necessario per ridurre il debito a livelli sostenibili. Il risultato è stato che un haircut del 75% non è bastato quest'anno alla Grecia a risolvere la situazione. E tale costo è stato sopportato quasi interamente dai cittadini greci.

L'Italia non è la Grecia e, se effettivamente inizia il piano di privatizzazioni di recente annunciato dal governo Monti, l'Italia ce la può fare da sola. Ma se il governo non ritiene questo traguardo raggiungibile, meglio usare i fondi dell'Efsf per dei prestiti diretti al governo italiano, che riducano il costo del nostro debito, invece che per permettere ai creditori esteri di ridurre la loro esposizione. Una riduzione, anche temporanea, del nostro costo di finanziamento potrebbe allentare la spirale tra tassi elevati, maggiore deficit, maggiore rischio di default, e tassi ancora più elevati, in cui l'Italia si è infilata. Questo sarebbe un metodo più diretto e onesto. Un metodo più consono al professor Monti che io ho conosciuto e che ammiro.

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