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Questo articolo è stato pubblicato il 23 giugno 2012 alle ore 09:32.

di Gerardo Pelosi

ROMA - I mercati sono avvertiti. I leader delle quattro più grandi economie dell'Europa non rimarranno con le mani in mano a guardare il triste spettacolo della progressiva perdita di peso e distruzione di quel "sogno" a lungo accarezzato e infine realizzato che è stata la moneta unica. Italia, Francia, Germania e Spagna difenderanno "ad ogni costo" l'euro, lotteranno con ogni mezzo per metterlo al riparo da attacchi speculativi, per garantirne la completa "irreversibilità".

I capi di Stato e di Governo dei quattro Paesi guida dell'Eurozona, Mario Monti (il padrone di casa), Angela Merkel, Francois Hollande e Mariano Rajoy escono dalle due ore scarse di "consiglio di guerra" di Villa Madama di ieri con in mente un solo obiettivo: riappropriarsi di quella "leadership" nella gestione della crisi che i mercati hanno sottratto loro sfruttando le lungaggini della burocrazia di Bruxelles, incuneandosi nelle divisioni storiche e mai sopite tra nazionalismi e cessioni di sovranità. Il massaggio al mondo finanziario è chiaro: dal Consiglio europeo del 28 e 29 giugno la "road map" per uscire dalla crisi prevederà un'unione bancaria che stabilizzi i mercati, tassazione delle transazioni finanziarie con le cooperazioni rafforzate (anche senza il Regno Unito) e un pacchetto crescita di 120-130 miliardi di euro (1% del Pil europeo) con rimodulazione del bilancio Ue, project bond e aumento di capitale di 10 miliardi della Bei.

È tanto? È poco? Non c'è nulla sugli eurobond e neppure sulla mutualizzazione. La novità, semmai, sta nel linguaggio che i quattro leader utilizzano in pubblico e nell'immagine di unità che trasmettono. L'accento sulla crescita e l'occupazione non slegata dalla disciplina di bilancio è un leitmotiv che tutti, Merkel compresa, sentono come loro priorità. Ma c'è, soprattutto, la consapevolezza che il vagone di testa dell'Eurozona deve muoversi in piena sintonia e il "nocciolo duro" franco-tedesco deve ritrovare quella "spinta propulsiva" che ha dato il meglio di sé nei passaggi più critici dell'integrazione europea. Hollande si dice pronto a cedere sovranità anche se in cambio di più solidarietà. Non poco per un francese.

Mario Monti si prende il merito di avere rimesso in funzione quel "motore", di averne, per il momento, attenuato i difetti di funzionamento. In conferenza stampa Monti ricorda i passi significativi per preservare l'integrità dell'euro ma «sulla stabilità e sulla crescita quanto fatto finora non è sufficiente». Ecco perché occorre un «disegno chiaro da consegnare ai mercati e ai cittadini europei» attraverso una «nuova agenda» per rilanciare economia, occupazione e realizzare un grande mercato unico per molti versi ancora incompiuto. Hollande parla di maggiore integrazione nel medio-lungo termine, maggiore unione economica ma anche unione fiscale e bancaria con «strumenti corrispondenti a questa nostra volontà di lavorare insieme». E poi aggiunge: «Dobbiamo utilizzare al meglio gli strumenti esistenti per stabilizzare i mercati e difenderci dalla speculazione; dobbiamo dare segnali di coesione, stabilità e solidarietà».

La cancelliera Merkel si dice pronta «a lottare per difendere l'euro» ed è disponibile a misure di «solidarietà e solidità» che portino a maggiore crescita e occupazione. Ma, avverte, «crescita e finanze solide sono due lati della stessa medaglia». Controllo e garanzie però «vanno di pari passo». Il premier spagnolo Rajoy ribadisce l'irreversibilità dell'euro ma chiede anche che il Fondo salva Stati Efsf possa acquistare titoli nei Paesi sotto pressione. Diversa l'opinione della Merkel. «Lo Stato spagnolo – osserva la Merkel – deve poter dire alle sue banche cosa deve cambiare. Ma se io concedo denaro al sistema bancario spagnolo non ho il potere di dire nulla poiché sono il cancelliere tedesco e non ho autorità in Spagna; il contribuente tedesco deve avere un ordine di grandezza su come vengono usate le tasse che paga».

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