Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 06 luglio 2012 alle ore 11:35.
Niente "terzo tempo" per la soppressione delle piccole Province. Dopo l'ennesima altalena, abituale per questo tema che entra ed esce dalle manovre con la rapidità del fulmine, il Governo esce a tarda notte dalla sala del Consiglio dei ministri dopo aver scritto il nuovo tentativo di sfoltire gli enti "di area vasta". I parametri, e quindi i risultati attesi, sono quelli previsti in base alle prime versioni del provvedimento, con una semplificazione: a decidere la sorte delle Province (secondo gli annunci del Governo, ma si attende in giornata il testo definitivo) saranno solo due parametri, la presenza di meno di 350mila abitanti e l'estensione inferiore a 3mila chilometri quadrati, senza stare a guardare se sul territorio provinciale ci sono più o meno di 50 Comuni.
Risultati? Vedremo. Il programma prevede il tramonto di almeno 42 Province, a cui si aggiungono le 10 destinate a essere sostituite dalle Citta' Metropolitane e una dozzina di enti ulteriori se la tagliola riuscira' davvero a estendersi alle Regioni a Statuto speciale. Sul viale del tramonto, quindi, inizia a sfilare più del 50 per cento delle Province attuali, dopo l'antipasto offerto qualche settimana fa dal referendum che ha cancellato le mini-Province sarde.
Destinate a saltare, prima di tutto, sono molte delle "nuove" Province. Quelle piemontesi, da Biella al Verbano Cusio Ossola (ma anche la "vecchia" Vercelli traballa sotto i colpi della spending review), mentre Alessandria deve aprire le porte ad Asti. I toscani devono sacrificare sull'altare dell'austerità le loro rivalità secolari, per unire per esempio Pisa e Livorno (sara' possibile?) o Lucca e Pistoia. Ottima idea si rivela nelle Marche la creazione della Provincia di Fermo, che con i nuovi parametri rischia di far saltare anche quella di Ascoli Piceno da cui si e' divisa (a meno di poter tornare a galla con una ri-fusione). Si avvicina poi la parola fine anche per curiosi "esperimenti" istituzionali come la pugliese Bat-Provincia (Barletta, Andria e Trani), che conta una decina di Comuni e tre capoluoghi.
Il tutto, naturalmente, se la nuova regola riuscira' ad arrivare al traguardo, senza perdersi per strada come accaduto ai tanti tentativi precedenti. Qualche rischio c'e': dopo il traffico di beni (e spese impazzite) per le separazioni, come sanno a Milano con il distacco di Lodi prima e di Monza poi (quest'ultima sopravvive), ora si deve fare macchina indietro, sperando in procedure più ordinate. Non mancano poi i dubbi sugli esiti delle Citta' Metropolitane, previste per legge dal '90 ma finora rimaste pura teoria. Relativamente facile individuarne i confini a Milano o Napoli, decisamente più complicato a Torino dove l'attuale Provincia conta più di 300 Comuni, spesso piccoli e in montagna. Siamo sicuri, per esempio, che Venaus e Moncenisio, con i loro sentieri e gli scorci suggestivi nell'alta Valle di Susa, siano una realta' metropolitana?
©RIPRODUZIONE RISERVATA