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Questo articolo è stato pubblicato il 13 luglio 2012 alle ore 11:23.

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Secondo quanto denunciano gli attivisti siriani anti-regime, che puntano l'indice contro l'esercito fedele al presidente Bashar al Assad, oltre 220 persone, in gran parte civili inermi, sono state massacrate nel villaggio di Tremseh, a maggioranza sunnita, nella provincia orientale di Hama, una di quelle più martoriate nella guerra civile. La tv di Stato siriana conferma il «massacro» e accusa i «gruppi terroristi» che «in combutta con alcuni media», vogliono «incitare l'opinione pubblica» per un intervento militare alla vigilia di un nuovo incontro del Consiglio di sicurezza Onu.

Secondo i comitati di coordinamento locale (Lcc), che forniscono ogni giorno sul proprio sito web un elenco dettagliato delle vittime nel Paese, il villaggio sarebbe stato bombardato per ore dall'artiglieria dei militari, dopo che questi avevano circondato la zona, chiudendo tutte le vie di accesso. Poi sarebbero entrate in azioni le famigerate milizie degli Shabiha, i paramilitari filo-governo in gran parte alawiti. E avrebbero ucciso tutti quelli che incontravano a colpi di coltello e armi da fuoco, sterminando intere famiglie rintanate nelle proprie case.

Se confermato, il massacro di Tremseh sarebbe quello più sanguinoso dall'inizio della rivolta contro il regime di Bashar al Assad: a Hula, il 25 maggio scorso, gli attivisti hanno denunciato la barbara uccisione di 108 civili. E proprio nella provincia di Hama, secondo una denuncia dell'organizzazione umanitaria Human Rights Watch, le forze di regime «hanno utilizzato cluster-bomb», le bombe a frammentazione, anche se è presto per stabilire se questo tipo di armi siano state impiegate a Tremseh.

L'esercito, secondo gli attivisti della Syrian Revolution Commission, ha «colpito con gli elicotteri i camion che portavano aiuti», mentre il villaggio sarebbe stato bombardato con i carri armati e missili.
Secondo alcuni testimoni, vicini all'opposizione, «i cadaveri sono ancora nei campi, lungo i fiumi, nelle case, diverse delle quali sono in fiamme. Molti cercavano di «fuggire dopo il bombardamento a colpi di carri armati ed elicotteri, ma sono stati uccisi». Una scuola «è stata rasa al suolo».

Il Cns, il consiglio nazionale siriano, principale piattaforma dell'opposizione all'estero, «ha chiesto la convocazione di una riunione d'urgenza del Consiglio di sicurezza dell'Onu» e reclama l'adozione di una risoluzione vincolante contro il regime dopo il massacro. Ha inoltre fatto appello agli osservatori dell'Onu nel Paese di recarsi immediatamente a verificare la strage.

I Fratelli musulmani, il movimento sunnita che controlla il Cns, puntano il dito contro l'inviato speciale Kofi Annan accusandolo di essere complice del regime di Bashar al-Assad, insieme a Iran e Russia, del massacro a Tremesh. L'emissario dell'Onu e della Lega araba per la Siria, Kofi Annan, volerà a Mosca lunedì per una serie di colloqui con il capo della diplomazia russo, Serguei Lavrov, il cui Paese è uno dei più fedeli alleati del regime di Damasco.

Intanto il ministro Esteri italiano, Giulio Terzi, sottolinea che al Consiglio di Sicurezza dell'Onu, gli occidentali stanno cercando di portare avanti l'approvazione di una risoluzione «più incisiva e muscolare» sulla Siria.

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