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Questo articolo è stato pubblicato il 23 luglio 2012 alle ore 10:52.

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La Spagna sta perdendo la testa letteralmente, vista la quantità di materia grigia che ogni giorno valica la frontiera alla ricerca di lavoro riconosciuto. I giovani laureati spagnoli hanno perso la speranza di poter a breve termine veder realizzati aspirazioni e sogni (inesorabilmente il tasso di disoccupazione è in aumento: 24,6%, 50% tra i giovani). Così da terra promessa la Spagna si è trasformata in terra di esodo dei suoi giovani laureati, preparati e pronti a volare oltre frontiera in cerca di un nuovo El Eldorado. Sono soprattutto architetti (tra i primi disoccupati in un paese che ha vissuto il peggiore sboom immobiliare d'Europa) quelli che puntano gli occhi su Berlino, New York, Buenos Aires, San Paolo, Parigi e che ingrossano le fila di oltre 1 milione e mezzo di spagnoli all'estero, che si traduce in un 15% in più di "fuggitivi" negli ultimi due anni. Gli ultimi dati assestano a 50mila gli spagnoli che abbandonarono il paese per la crisi economica l'anno scorso.

In questi giorni, si sono viste imponenti manifestazioni nelle principali città del paese, ma non si trattava soltanto di giovani. C'erano tutte le categorie a scendere in piazza: giovani e famiglie in cui tutti componenti sono disoccupati, categorie di lavoratori che vedono minacciati per sempre il settore che li occupa (la marcia nera dei minatori), quelli del "desahucios" (le vittime del prestito bancario facile rimasti senza casa). A Barcellona, sono scesi per la prima volta in piazza los bomberos (i vigili del fuoco), toccati anche loro dai tagli del governo catalano. I "tagli" alla spesa pubblica hanno saturato le strade d'indignazione. Il governo di Rajoy ha smentito tutte le promesse elettorali, tra cui quella di creare posti di lavoro e non aumentare l'Iva.

A scatenare la miccia è stato proprio l'annuncio di un ulteriore aumento dell'Iva "generale", che passa dal 18 al 21%, mentre i prodotti che godevano di un tasso ridotto vanno dall'8 al 10%, come il settore turistico. Anche la "cultura" è scesa in piazza, il passaggio dall'8 al 21% di biglietti, del cinema, spettacoli, concerti (13 punti secchi), rischia di mettere in ginocchio una delle poche industrie fiorenti del paese. Un incremento percepito come ingiusto dalla strada, tanto più che si accompagna ai tagli ai servizi pubblici, quali scuole e ospedali, che sono già davanti agli occhi di tutti: pagamento di molte medicine, ticket sulle ricette, code più lunghe agli ospedali per le visite specialistiche, chiusura di alcuni reparti e accorpamenti, aumento delle tasse universitarie e persino del materiale scolastico (penne, matite, quaderni), la cui Iva passa dal 4% al 21% secco.

E intanto, di tasse patrimoniali neanche l'ombra. E mentre si stabilisce una nuova legge secondo la quale i nuovi disoccupati spagnoli - la norma è il Real Decreto-ley 20/12 del 13 luglio - che percepiscono 426 euro al mese di sussidio – non potranno viaggiare all'estero pena la perdita della sovvenzione, 60 miliardi di euro l'anno prendono il volo: a tanto si assesta il montante dell'evasione fiscale in Spagna. Quando il precedente governo aveva "saggiato" per la prima volta uno spread a 300, era sembrata la fine del mondo, oggi a oltre 600: l'apocalisse pare più vicina. Sindacalisti, Movimento 15M e tutti "gli scontenti" di Spagna si danno appuntamento a settembre, preannunciando un autunno molto, molto caliente.

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