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Questo articolo è stato pubblicato il 25 luglio 2012 alle ore 07:59.

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Che cosa è successo ieri tra Spagna, Italia e Francia? Madrid ha compiuto una fuga in avanti attribuendo anche ai due partner il contenuto di una lettera nella quale si sollecitava la Ue a rispettare gli impegni presi al vertice del 28-29 giugno. Le smentite italiane e francesi sono state rapide: non ne sappiamo nulla, non esiste alcuna iniziativa comune.

Che sia mai esistita forse non è così importante. Quel che conta è che vi sia stata una presa di distanza dall'ansia spagnola in un momento cruciale per la sopravvivenza stessa dell'eurozona, in attesa di un intervento salvifico della Bce. Perché ciò avvenga non bisogna dare alla Germania l'impressione di volerla nuovamente isolare.
Mettere all'angolo Angela Merkel perché si convinca ad affrontare l'emergenza è probabilmente l'ultima cosa da fare se si vuole che l'emergenza sia risolta.

La ripresa degli acquisti di titoli di Stato da parte della Banca centrale europea, una delle opzioni possibili, dovrà tenere conto delle suscettibilità tedesche (leggasi Bundesbank) e della necessità politica di essere sdoganata all'unanimità dal Consiglio direttivo dell'Eurotower. Non è dunque il momento di azioni intergovernative a due-tre-quattro Paesi. La Spagna sta facendo di tutto, a livello diplomatico, per evitare che il piano di salvataggio delle banche si trasformi in un piano di salvataggio dell'intera economia.

È spaventata dalle inevitabili condizionalità della troika che si aggiungerebbero ai quattro piani di tagli alla spesa già approvati in sette mesi. È comprensibile, ma forse la cosa migliore, almeno nei prossimi giorni, è non creare nuovi attriti e fare in modo che la strada del ritorno all'azione da parte della Bce, sempre e giustamente gelosa della propria autonomia, sia la più sgombra possibile da interferenze politiche.
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