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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2012 alle ore 08:01.
Successivamente la Corte costituzionale tedesca ha sospeso fino a metà settembre l'approvazione da parte di Berlino del meccanismo di stabilità europeo. In queste condizioni i governi sembravano paralizzati e la crisi si è aggravata con l'aumento degli spread in Spagna e, per contagio, in Italia. Finora la Bce aveva sempre richiamato i governi al loro dovere sia nel fare i compiti di casa, sia nel disporre risorse comuni adeguate a rendere il coinvolgimento della Bce nell'acquisto di titoli temporaneo e reversibile.
Fino all'ultima conferenza stampa mensile della Bce a Francoforte, era parso che il presidente Draghi non avesse cambiato linguaggio. Ieri invece Draghi ha messo in collegamento più esplicito l'intervento della Bce con il dovere di stabilizzare le condizioni monetarie dell'area.
Non bisogna tuttavia trarre conclusioni affrettate. La Bce è un'istituzione che si basa su garanzie congiunte di 17 paesi attraverso il capitale che essi condividono. Di conseguenza sarebbe in grado di usare il proprio bilancio per distribuire costi fiscali e rischi finanziari tra i paesi. Tuttavia i compiti di redistribuzione non fanno parte del mandato della Bce, che anzi è inibita dall'eseguirli da norme molto rigorose. L'impegno della Bce va quindi considerato inteso solo alla preservazione dell'euro e non alla soluzione dei problemi dei Paesi troppo indebitati.
È bene ricordare che la Bce non acquista titoli del debito pubblico dei Paesi dell'euro area da quando ha interrotto il programma di sostegno ai titoli italiani alla fine del 2011 a fronte del mancato rispetto da parte del precedente governo delle condizioni poste dalla lettera dell'agosto 2011 che preludeva agli acquisti di titoli italiani e spagnoli. È successo a più riprese che i governi aiutati dalla Bce, in particolare la Grecia, frenassero le riforme non appena avevano ottenuto un sollievo dal mercato. Per questa ragione la Bce e i Paesi creditori hanno preferito finora che la pressione dei mercati continuasse a disciplinare i governi nonostante i costi e le inefficienze di spread troppo alti. Ora tuttavia l'incertezza causata dalla pressione dei mercati si sta ripercuotendo non solo sull'andamento delle economie, ma anche sulla stabilità della politica nei Paesi colpiti, producendo un effetto contrario a quella di una disciplina virtuosa e creando invece spazio a posizioni populiste, anti-mercato o esplicitamente anti europee. La politica degli "spread educativi" si è trasformata in una pratica di waterboarding, con la testa dei paesi indebitati tenuta sott'acqua troppo a lungo. Se alle parole di Draghi seguiranno i fatti, si potrà tornare a respirare.
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