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Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2012 alle ore 08:09.

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Forse la cosa che più impressiona del decreto sulla spending review, varato dal Governo e in attesa del voto finale della Camera, è la selva di amministrazioni, enti, agenzie e società che caratterizza il nostro settore pubblico.

Questo è inevitabilmente l'esito di un processo di modernizzazione, durato oltre vent'anni, fondato su principi di efficienza e qualità tanto solidi e condivisibili nelle intenzioni quanto spesso disattesi in fase attuativa.
Due fenomeni hanno caratterizzato l'evoluzione del settore pubblico nel recente passato: il decentramento di funzioni dalla Stato agli enti territoriali e il passaggio a forme di gestione indiretta dei servizi, attraverso la creazione di agenzie e società autonome o l'affidamento degli stessi a privati imprenditori. La conseguenza naturale è stato il moltiplicarsi di soggetti decisori, spesso operanti sugli stessi territori, e, ancora più importante, con gli stessi utenti.
Del resto l'intento delle riforme era proprio legato all'idea da un lato di avvicinare i soggetti responsabili delle politiche ai bisogni e dall'altro di attivare forme snelle e più flessibili di erogazione dei servizi per assicurare sia una riduzione nei costi di produzione che il miglioramento degli standard qualitativi degli stessi.

L'effetto non previsto, o meglio non governato, dei disegni riformatori è stato, tuttavia, il proliferare di soggetti, a volte sovrapposti nelle competenze e, soprattutto, non sempre in grado di produrre un reale valore aggiunto per il cittadino, anche a prescindere dalle degenerazioni collegate alla creazione di enti inutili, piuttosto che di semplici poltrone aggiuntive da distribuire.
Da questo punto di vista, l'intervento del Governo appare coraggioso e segna, in modo difficilmente reversibile, un'importante direzione di marcia. Pur tra mille difficoltà e alcuni compromessi, facilmente rintracciabili per differenza tra il testo originario del decreto e quello al voto della Camera, la messa in liquidazione di enti e società, la riduzione del numero delle province, la creazione delle aree metropolitane, la razionalizzazione degli uffici dello Stato sul territorio, l'esercizio in forma associata delle funzioni per i piccoli comuni e i contributi straordinari a sostegno delle fusioni tra gli stessi, provano a mettere un po' di ordine rispetto a un assetto che si era andato stratificando nel tempo per decisioni successive e facenti capo a diversi soggetti.

Tutto questo ci può avvicinare alle migliori esperienze internazionali. In fondo anche in Francia esistono più di 35.000 comuni, ma le aree metropolitane sono operative dagli anni sessanta, così come le forme di partenariato tra piccoli enti.
A condizione, tuttavia, che si mantenga la barra dritta sugli obiettivi di riforma e non si cada, come in passato, nella trappola delle difficoltà o della scarsa capacità attuativa.
Un modo per farlo, forse, è guardare per una volta questi complessi meccanismi di riordino istituzionale con gli occhi del cittadino.
In fondo, che cosa importa all'italiano medio? Avere migliori servizi pubblici, più accessibili e di qualità, e che gli stessi costino meno, il che significa, alla fine, meno imposte da pagare.
Ecco allora che le numerose operazioni di soppressione, aggregazione, accorpamento di enti e funzioni dovrebbero tutte essere sempre valutate, sia ex ante che ex post, sulla base di due semplici ma fondamentali criteri: è migliorato il livello di servizio finale all'utente? Sono ridotti i costi di produzione?

Il Portogallo, per non citare sempre i soliti noti, ci porta un bellissimo esempio di riordino istituzionale al servizio del cittadino. Nell'ambito dell'iniziativa Simplex di riordino del sistema pubblico, e già il nome è significativo, è stato creato, a esempio, uno sportello al quale rivolgersi nel caso sfortunato in cui un cittadino smarrisca o subisca il furto del proprio portafoglio. Rivolgendosi a un'unica interfaccia (I lost my wallet counter) il cittadino può svolgere tutte le pratiche necessarie, dalla denuncia all'autorità di polizia, al rinnovo dei documenti di identità, al blocco dei conti bancari e così via. Lo stesso è possibile nel caso di acquisito di un'abitazione, sottoscrivendo nello stesso luogo il contratto di acquisto, assolvendo agli obblighi fiscali, piuttosto che a tutte le pratiche catastali.
Tutto questo non sarebbe possibile in assenza di un percorso effettivo non solo di riordino degli enti, ma di riprogettazione complessiva del sistema di offerta dei servizi pubblici e quindi di ridisegno dei processi e del sistema di relazioni tra le diverse amministrazioni.

Naturalmente il focus sul beneficio finale per il cittadino non può far perdere di vista l'esigenza, altrettanto rilevante, di riduzione dei costi e contenimento della spesa pubblica complessiva.
Da questo punto di vista è fondamentale che i processi di riordino in corso siano accompagnati, nella loro fase attuativa, dalla stesura di specifici piani industriali per le amministrazioni che continueranno ad operare e che all'interno di questi documenti siano indicati in modo chiaro e quantificato gli obiettivi di risparmio e miglioramento dell'efficienza che si intendono conseguire.

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