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Questo articolo è stato pubblicato il 07 agosto 2012 alle ore 14:51.

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Il tribunale del Riesame ha confermato il decreto di sequestro dello stabilimento siderurgico di Taranto, finalizzato non alla chiusura ma alla messa a norma degli impianti inquinanti. Concessa, dunque la facoltà d'uso degli impianti ma solo per l'adeguamento dei sistemi alle norme anti inquinamento. I giudici si sono espressi anche sulle richieste di scarcerazione degli otto tra dirigenti ed ex dirigenti. Ai domiciliari restano Emilio e Fabio Riva e il direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso. Gli altri cinque dirigenti sono stati scarcerati. I giudici hanno anche nominato il presidente della società, Bruno Ferrante quale nuovo custode giudiziario dello stabilimento.

Il tribunale ha disposto che «i custodi garantiscano la sicurezza degli impianti e li utilizzino in funzione della realizzazione di tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo e della attuazione di un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni inquinanti», confermando nel resto il decreto impugnato. I giudici si sono riservati di depositare le motivazioni dell'ordinanza. I termini non perentori per le motivazioni sono di cinque giorni.

«È un provvedimento articolato sul quale non ci possiamo esprimere compiutamente fino a quando, insieme ai miei colleghi, non avremo letto le motivazioni. Da una prima lettura del dispositivo possiamo dire che è sostanzialmente confermata la tesi accusatoria». Il procuratore capo della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, ha commentato così la decisione del Tribunale del Riesame del capoluogo jonico.

Per quanto riguarda il sequestro delle sei aree a caldo dell'azienda (cokerie, agglomerati, acciaierie, parchi minerali, altoforni e gestione rottami ferrosi) il Riesame «in parziale modifica del decreto di sequestro preventivo impugnato, ferma restando la nomina degli ingegneri Barbara Valenzano, Emanuele Laterza e Claudio Lofrumento, nomina custode e amministratore delle aree e degli impianti in sequestro altresì il dottor Bruno Ferrante nella sua qualità di presidente del cda e di legale rappresentante di Ilva Spa, revocando la nomina del dottor Mario Tagarelli. Dispone che i custodi garantiscano la sicurezza degli impianti e li utilizzino in funzione della realizzazione di tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo e della attuazione di un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni inquinanti».

Per il resto «conferma il decreto impugnato» dai legali di Ilva Spa e delle otto persone arrestate. Il collegio del Riesame era formato dal presidente Antonio Morelli, che è anche presidente del tribunale di Taranto, e dai giudici a latere Rita Romano e Benedetto Ruberto.

«Un momento di grande dolore, per l'azienda e la famiglia Riva». Così, in più passaggi, Bruno Ferrante, presidente dell'Ilva, ha commentato, durante la conferenza stampa organizzata nello stabilimento di Taranto, la decisione del Riesame che ha lasciato tre persone su otto agli arresti domiciliari, fra cui Emilio Riva, ottantaseienne fondatore del gruppo. «Di sicuro, per i tre arrestati, faremo in ricorso in cassazione», ha detto l'ex prefetto che da poche settimane è diventato presidente. Piu sfumata la posizione in merito al Riesame del sequestro della parte a caldo dell'impianto produttivo. Ferrante, gli azionisti e i legali devono ancora decidere che fare. «Intanto - dice Ferrante - accogliamo con favore l'assenza, nel provvedimento giudiziario, della parola chiusura». Inoltre, sembra un elemento positivo che Ferrante affianchi ora i tre commissari come custode, una funzione tecnico-amministrativa che in qualche maniera fa rientrare i Riva, di cui Ferrante è diretta espressione, di nuovo nell'azienda.

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