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Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2012 alle ore 10:15.
L'ultima modifica è del 09 agosto 2012 alle ore 10:24.
L'Italia ha fatto i suoi compiti a casa?
Abbiamo fatto molto. Ma è venuto il momento, e noi lo faremo da subito se saremo chiamati a governare, di mettere al centro delle nostre preoccupazioni l'economia reale. Quand'anche avessimo tutti gli scudi anti-spread del mondo, se l'economia reale viaggia in questo modo, non ce la caviamo.
La recessione che abbiamo davanti è di dimensioni preoccupanti.
Dobbiamo fare ogni sforzo per la crescita, o almeno per contrastare la recessione. Magari sui conti pubblici teniamo, ma qui rischiamo di arretrare decisamente nelle quote mondiali di produzione e lavoro. Nelle esportazioni i margini si vanno assottigliando. Il mercato interno è fermo. Così rischiamo una riduzione strutturale della nostra base produttiva. Allora nei famosi compiti a casa va data priorità a quella che potremmo definire, in senso esteso, politica industriale, che per me vuol dire anche politiche per i servizi o l'agricoltura.
Il governo non fa abbastanza?
Diciamo che per ora c'è attenzione non sufficiente. Ma il problema viene da lontano. Per troppo tempo abbiamo assistito inerti allo spostamento di investimenti dall'economia reale alla finanza. Dobbiamo invertire la rotta. Siamo un sistema di piccole e medie imprese, dobbiamo averne cura. Io rimpiango, per esempio, la dual income tax, il credito d'imposta per la ricerca, le prospettive tecnologiche dell'industria per il 2015. Se avessimo tenuto su queste misure forse non saremmo a questo punto.
Il governo ha rinunciato a ripristinare il credito di imposta per la ricerca...
E invece va fatto. Quando io ci lavorai immaginavo uno strumento che doveva insediarsi come strutturale: gli imprenditori devono sapere che è un incentivo a disposizione per anni e senza rubinetti di sorta che creano sfiducia e incertezza.
Su quali settori è giusto puntare?
L'Italia deve fare l'Italia. Deve puntare sulle sue tradizioni, tipicità, sul patrimonio del made in Italy. Poi deve portare tutto questo alle frontiere tecnologiche nuove. Quindi l'efficienza energetica, le tecnologie del made in Italy, le scienze della vita, le tecnologie per i beni culturali, e così via.
Intanto la burocrazia e i cavilli bloccano spesso gli investimenti. Cosa fare?
Bisogna agire su alcune condizioni del contorno: dalla giustizia civile alle duplicazioni amministrative. Ma ho una mia idea sul rilancio degli investimenti industriali, quello del riuso delle aree industriali.
Un buco nero fino ad oggi in Italia.
Ed è una grande opportunità. Oggi abbiamo enormi aree dismesse, bloccate dai costi di bonifica e da pastoie burocratico-amministrative. Dobbiamo introdurre un meccanismo anche finanziario che risolva il problema delle bonifiche e permetta con dei patti d'insediamento qualche accelerazione da un punto di vista amministrativo e autorizzativo.