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Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2012 alle ore 10:15.
L'ultima modifica è del 09 agosto 2012 alle ore 10:24.

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Pier Luigi Bersani (Fotogramma)Pier Luigi Bersani (Fotogramma)

Resta il problema più ampio della pletora di autorizzazioni e controlli che rendono impossibili spesso gli investimenti.
La via è quella di esternalizzare: una serie di funzioni che riguardano le attività produttive possono essere affidate a un'autocertificazione rafforzata da parte di professionisti assicurati, così l'amministrazione pubblica si concentra sui controlli.

Cos'altro ha in mente quando parla di nuova politica industriale?
Ci sono tanti strumenti da rivedere: siamo a posto con le procedure straordinarie, leggi Prodi 1 e 2, la legge Marzano? Secondo me no. Vogliamo discutere sulla cassa integrazione speciale? Mi va bene che tassativamente non ci siano proroghe ma nel sistema industriale italiano è un errore buttare via uno strumento così.

È giusto usare anche la Cdp per fare politica industriale? E con che ambiti?
Credo sia utile come riferimento nelle società delle reti e va bene il volano per le infrastrutture. Ma io sarei più ambizioso nel riconsiderare questo fondo strategico che non si capisce bene cosa faccia. Noi abbiamo un sistema di medie imprese, quelle che innovano, investono, si internazionalizzano, che adesso sono piene di impegni con le banche. Allora io dico: con partecipazioni minoritarie, in modo selettivo, è inimmaginabile un fondo misto di partecipazione dove transitoriamente Cdp, le banche trasformando temporaneamente i loro crediti, siano impegnati in operazioni non di salvataggio, ma di supporto?

Sulla banda larga continuiamo ad avanzare solo con piccoli passi.
Lì ci vuole una forte regìa del Governo. E sono convinto che Cdp deve essere messa al servizio via via di una soluzione combinata, soluzione che guardi al progetto paese.

La produzione automobilistica in Italia continua ad arretrare. Il Governo farebbe bene a convocare Marchionne?
La diplomazia economica dei governi è importante. Io ho sempre detto che l'unica soddisfazione certa di un ministro è che se chiami un interlocutore questo deve venire. Poi può dire quello che vuole, ma deve venire e dirtelo. Qui c'è un po' di debolezza del Governo. Su Fiat, ma anche su Finmeccanica dove lo Stato è proprio azionista.

Ma la decisione sugli investimenti in Italia tocca alla Fiat non al Governo.
Io credo che bisogna chiamarli e chiedere: vi impegnate voi o no? Perché Fiat già ci ha condizionato già una volta negli anni '80 bloccando la possibilità di altri ingressi. Se hanno tutti gli stabilimenti in cassa integrazione, non possono bloccarci nei prossibili sviluppi dell'industria automobilistica in Italia.

Lei ha capito che fine ha fatto il piano Fabbrica Italia?
Io non ho mai capito cosa fosse e quindi non ho mai capito dove è finito. Si è imbastita una polemica tra Marchionne e Fiom e si è perso di vista l'aspetto industriale vero. Se Fiat non ce la fa, meglio i tedeschi che nessuno. Ma io sono preoccupato che un pezzo di Paese vada in controllo estero. Su Ansaldo energia e su Ansaldo trasporti per esempio eviterei di perdere il controllo.

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