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Questo articolo è stato pubblicato il 13 agosto 2012 alle ore 16:45.
L'ultima modifica è del 13 agosto 2012 alle ore 13:25.

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Vaticanleaks: l'ex maggiordomo del Papa Paolo Gabriele è stato rinviato a giudizio. La decisione è stata presa dal giudice istruttore Piero Bonnet su richiesta del promotore di giustizia vaticano Nicola Piccardi. Ma c'è anche un colpo di scena: la motivazione è furto aggravato, non solo di documenti riservati. Le perquisizioni hanno fatto venire alla luce infatti un assegno di 100.000 euro intestato al Papa, una pepita d'oro e una edizione dell'Eneide del 1581. Si tratta di regali fatti a Benedetto XVI. Oltre a Gabriele, i magistrati vaticani hanno rinviano a giudizio anche Claudio Sciarpelletti, l'analista programmatore della Segreteria di Stato: deve rispondere del reato di favoreggiamento. Era stato arrestato in maggio e poi gli era stata concessa la libertà provvisoria. Il Vaticano ha pubblicato integralmente la requisitoria del promotore di giustizia e la sentenza del giudice istruttore che chiude la fase istruttoria contro Paolo Gabriele. Nei testi mancano solo i nomi dei testimoni, a parte mons. Georg Gaenswein.

Il legale di Gabriele: assegno finito per sbaglio tra le altre carte
Carlo Fusco, legale dell'ex maggiordomo del Pontefice, ha fornito la versione del suo assistito sull'assegno ritrovato: Gabriele non sapeva di avere in casa un assegno intestato al Papa per un valore di 100mila euro e quindi «non ha neanche mai lontanamente pensato di incassarlo». Secondo l'avvocato, dunque, l'assegno «è andato per sbaglio» a finire fra altre carte.

Lombardi: il Papa ha visto i testi
È sempre stata «chiara l'intenzione del Papa di rispettare questo lavoro della magistratura e le sue risultanze», ha sottolineato il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, e «ciò spiega la non pubblicazione di risultanze della commissione cardinalizia, per non condizionare il lavoro». Il Papa «ha ricevuto questi documenti, ne ha preso conoscenza, rimane nel poter del Papa di intervenire qualora voglia o ritenga opportuno, ma finora - ha ricordato padre Lombardi - non lo ha fatto e possiamo pensare fondatamente che la linea che segue è questa, è quindi una ipotesi del tutto plausibile il dibattimento» in autunno.

«L'istruttoria va avanti, eventuali rogatorie internazionali»
Padre Lombardi ha chiarito che i magistrati vaticani nella requisitoria e sentenza pubblicate oggi «non affermano, ma neppure escludono la possibilità di continuare le indagini su eventuali complici di Paolo Gabriele» e su «eventuali rogatorie internazionali». «Facciamo un passo per volta» ha detto Lombardi, «l'istruttoria vaticana va avanti, anche con tempi consistenti per la sua meticolosità, difficile fare passi avanti se non hai ancora compiuto quelli iniziati».

L'ex maggiordomo: ho incontrato Nuzzi ma non ho preso soldi
Negli interrogatori a cui è stato sottoposto durante la detenzione che ha portato all'odierno rinvio a giudizio, Paolo Gabriele ha raccontato di avere incontrato il giornalista Gianluigi Nuzzi, autore del libro Sua Santità, nell'appartamento di quest'ultimo. Lo si legge nella sentenza di rinvio a giudizio del maggiordomo del Papa. Gabriele ha precisato - a quanto si legge - di non aver «ricevuto versamenti in denaro o altri benefici» e di aver agito spinto «da diverse ragioni quali i miei interessi personali, inoltre ritenevo che anche il Sommo Pontefice non fosse correttamente informato su alcuni fatti. In questo contesto (fui) spinto anche dalla mia fede profonda e dal desiderio che nella Chiesa si dovesse far luce su ogni fatto». Quando il segretario del Papa mons. Georg Gaenswein gli ha comunicato la sospensione "ad cautelam", Gabriele ha detto che «in questo modo era stato trovato il capro espiatorio della situazione».

Gabriele sottoposto a perizia psichiatrica
Nella sentenza di rinvio a giudizio si legge che nel corso della detenzione, iniziata con l'arresto del 23 maggio e conclusa con la concessione degli arresti domiciliari il 21 luglio, Paolo Gabriele è stato sottoposto a una perizia psichiatrica. La magistratura vaticana non ha ritenuto, però, che emergesse un profilo psicologico tale da non poter considerare imputabile il maggiordomo del Papa.

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