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Questo articolo è stato pubblicato il 23 agosto 2012 alle ore 08:48.

Niente da fare. Calciopoli è alle spalle, l'espiazione della serie B è agli archivi, ma l'Italia del calcio resterà sempre spaccata in due sulle questioni juventine. È una guerra tra due fronti che non smetteranno mai di lanciarsi coltelli. E il copione resterà immutato nel tempo. Da una parte la Juve continuerà a sentirsi perseguitata dai preconcetti legati al passato, dall'altra questi stessi preconcetti ingigantiscono qualunque fatto, notizia, episodio o partita che riguardi società e squadra bianconera.
In fondo è il gioco delle parti più classico e tutto sommato divertente del nostro calcio. Ieri la riprova, dopo la sentenza della Corte di Giustizia Federale che ha negato ad Antonio Conte uno sconto sulla sentenza di primo grado confermando i dieci mesi di squalifica stabiliti dalla commissione disciplinare per omessa denuncia. Mezza Italia ha gioito, l'altra mezza grida allo scandalo per bocca di Andrea Agnelli che lancia strali e minaccia ritorsioni. Nei suoi primi interventi il presidente bianconero punta il dito contro una giustizia sommaria e si dichiara sconcertato e incredulo per quella che definisce una "caccia alle streghe" e confida nell'ultimo grado di giustizia sportiva annunciando il ricorso urgente al Tnas. «Il sistema – scrive Agnelli - deve essere riformato dalle sue fondamenta. Confido che gli organi di giustizia del Coni, cui con urgenza si farà ricorso, sappiano porre rimedio a questa profonda ingiustizia».
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Che succederà ora in casa Juventus? La società si aggrappa innanzitutto all'estremo ricorso, appigliandosi al proscioglimento per l'omessa denuncia di Novara-Siena. Nel frattempo fa quadrato intorno all'allenatore condannando «processi sommari con tempi asimmetrici». Antonio Conte, ad oggi, ha dunque il pieno sostegno della Juventus che però dovrà nuovamente preoccuparsi di un danno d'immagine che verrà, come conferma il presidente, quantificato al più presto per intraprendere tutte le azioni legali volte a tutelarla. Un putiferio che offusca anche le buone notizie che arrivano sotto forma di conferma dei proscioglimenti di Leonardo Bonucci e Simone Pepe: almeno la rosa non subirà defezioni forzate.
Comunque, dopo la conferma della condanna di Conte, il giubilo dell'anti-juventinità si è diffuso a macchia d'olio grazie soprattutto alle scie mediatiche dei tam tam dei social network, ma fino a questo momento ha sortito l'effetto di compattare la società bianconera che pure, nelle segrete stanze, deve aver vacillato e non poco all'idea di dover disputare un'intera stagione senza che il tecnico possa sedere in panchina. Gestire tre fronti impegnativi (campionato, Coppa Italia e Champions League) per interposta persona, con tutto il rispetto per il lavoro di Carrera, potrebbe diventare molto presto un handicap ingombrante. Nonostante tutta la buona volontà di lavare in casa i panni sporchi e dopo essersi purificata dalle proprie colpe, ereditare quelle altrui e doverne pagare dazio è in effetti un fardello troppo pesante persino per la Juve dalle spalle larghe. I fatti contestati risalgono infatti a due stagioni fa, all'epoca dell'avventura senese di Antonio Conte.
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