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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2012 alle ore 08:10.

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L'economia di questo territorio ha un motore ibrido. Che utilizza più fonti. L'abbigliamento vent'anni fa rappresentava (come valore aggiunto) circa il 20% della produzione manifatturiera dell'Empolese Valdelsa, e quasi il 30% in termini di occupazione: oggi i due indicatori non raggiungono l'11 e il 14% sui 2 miliardi di ricavi realizzati nel 2011 dalle 17mila imprese dell'area. Non solo: fatto 100 il valore aggiunto degli anni 90 – secondo l'Istituto regionale di programmazione economica – il comparto delle confezioni è sceso a 82, mentre il manifatturiero ha tenuto la posizione (100,7) e l'economia in generale ha raggiunto quota 145, grazie soprattutto al terziario.


EMPOLI. Dal nostro inviato

Quella che era una connotazione industriale marcata, al punto da far parlare di vero e proprio distretto dell'abbigliamento (la patria dell'impermeabile e del capospalla), si è progressivamente affievolita: più che dimezzate le aziende del comparto (da oltre 5mila a neppure 2mila); scomparso l'indotto costituito quasi esclusivamente da manodopera femminile, che lavorava a casa, sostituito per la parte ancora esistente da immigrati cinesi di prima e seconda generazione, presenti anche nel terziario commerciale e della ristorazione (almeno 6mila, di cui un migliaio impegnato a tagliare e cucire); ma neppure un gruppo in grado di trainare la filiera produttiva.
Il sistema moda locale si è progressivamente integrato nel polo fiorentino del lusso, il più importante d'Italia (e uno dei maggiori a livello mondiale). Lo spartiacque, l'evento che l'anno scorso ha segnato simbolicamente questo cambiamento è il passaggio alla coreana Lg Fashion corporation del marchio Allegri (il fondatore, Augusto Allegri, fu tra i primi a produrre Giorgio Armani negli anni '70), con un centinaio di persone che nello stabilimento di Vinci ancora alterna lavoro e cassa integrazione.
Va bene chi, da una parte, guarda al mercato internazionale e dall'altra riesce a dialogare con la rete di sub-fornitura cinese. Come nel caso di Visconf, azienda che produce capispalla per donna di fascia medio-alta, con 29 dipendenti diretti e 10 milioni di ricavi, per il 55% realizzati all'estero. «Vent'anni fa non vendevano niente fuori Italia, adesso è la domanda internazionale che traina – racconta il titolare, Gianluca Violanti –. Le aziende dell'indotto, molte delle quali a guida cinese, assicurano qualità e rispetto dei tempi. Ma ormai mancano pezzi di filiera – aggiunge –, e parlare di distretto sarebbe azzardato».
L'industria delle confezioni non è più l'asse portante dell'economia degli undici comuni che compongono il circondario (Empoli, Castelfiorentino, Capraia-Limite, Cerreto Guidi, Certaldo, Fucecchio, Gambassi, Montaione, Montelupo, Montespertoli e Vinci), dove vivono 170mila persone. «Il distretto dell'abbigliamento è scomparso», taglia corto Vasco Galgani, imprenditore dell'area (settore turistico), presidente della Camera di commercio di Firenze e di Unioncamere Toscana. «Mancano le aziende leader in questo campo – aggiunge – e in troppi hanno preferito la rendita immobiliare al rischio d'impresa».

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