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Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2012 alle ore 14:34.
In tutta Europa è in corso un dibattito fondamentale sul futuro dell'euro. Molti cittadini sono preoccupati per la direzione che sta prendendo l'Europa, ma le soluzioni proposte appaiono insoddisfacenti; la ragione è che queste soluzioni offrono solo scelte aut/aut: o torniamo al passato o avanziamo verso la costruzione degli Stati Uniti d'Europa.
La mia risposta è: per avere un euro stabile non è necessario scegliere fra due soluzioni estreme.
La ragione di questo dibattito non è l'euro in quanto valuta. Gli obbiettivi della valuta unica rimangono importanti oggi come lo erano quando fu decisa la nascita dell'euro: estendere a tutti i cittadini europei stabilità dei prezzi e crescita sostenibile; raccogliere i frutti del più grande mercato unico del pianeta e rendere irreversibile il processo storico di unificazione dell'Europa; rafforzare la posizione dell'Europa – non solo dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista politico – in un mondo globalizzato.
La ragione di questo dibattito sta nel fatto che la zona euro non ha avuto pieno successo in quanto polis. Le valute dipendono, in ultima analisi, dalle istituzioni che hanno dietro. Quando venne proposta per la prima volta la creazione di una moneta unica c'era chi diceva che una misura del genere doveva essere preceduta da un lungo processo di integrazione politica, perché avere un'unica valuta comportava mettere in comune molte decisioni. I Paesi membri sarebbero stati una Schicksalsgemeinschaft, una comunità del destino, e avrebbero necessitato di robusti puntelli democratici su scala continentale.
Ma negli anni 90 fu scelto espressamente di non dare all'euro caratteristiche di questo tipo. L'euro fu lanciato come una «moneta senza uno Stato», per preservare la sovranità e la diversità dei Paesi membri. Fu questo l'approccio alla base del trattato di Maastricht, che gettò le fondamenta istituzionali dell'euro. Ma, come i recenti avvenimenti hanno dimostrato, il quadro istituzionale ha lasciato la zona euro senza gli strumenti necessari per garantire politiche economiche valide e una gestione efficace delle crisi.
È per questo che la via d'uscita non può essere un ritorno allo status quo ante. La crisi ha chiaramente messo in evidenza i gravi problemi legati al fatto di avere un'unica politica monetaria da un lato e politiche di bilancio, politiche economiche e politiche finanziarie scarsamente coordinate dall'altro. Come disse Jean Monnet, il coordinamento «è un metodo che favorisce la discussione, ma non
porta a una decisione». E per gestire la seconda valuta mondiale per importanza è necessario prendere decisioni forti.
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