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Questo articolo è stato pubblicato il 30 agosto 2012 alle ore 16:38.

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Chi di cachet ferisce di cachet perisce, verrebbe da pensare.
Così se Grillo diffonde sospetti è lui stesso poi constretto a difendersi.
Le prime accuse sono partite dal blog del leader del Movimento 5 Stelle che ha domandato: «Chi paga i ricchi» compensi «degli artisti invitati sul palco» della festa democratica? Tra le righe, anche se non esplicitato, si intuisce il nome di Roberto Benigni che nella querelle con Bersani ha preso (con ironia) le parti del segretario democratico contro il collega comico genovese. Sia il manager di Benigni, Lucio Presta, sia il responsabile eventi e feste democratiche del Pd, Lino Paganelli hanno fatto sapere che il comico fiorentino non ha percepito nulla dal partito, ma dai biglietti venduti per lo show.

Non finisce qui, però. Perché a furia di parlare di cachet Giovanni Guerisoli, fondatore della Rete del Sociale e del Lavoro del Pd e fino al 2002 segretario confederale della Cisl, ha dichiarato a Radio 24, a La Zanzara che «il buon Grillo per partecipare all'assemblea della Cisl ha chiesto 10 milioni di lire cash, tutti in nero e senza ricevute. E noi abbiamo pagato».
Circostanza poi smentita dallo stesso sindacato che parla di «notizia destituita da ogni fondamento». Nel febbraio del 1996, spiega la Cisl, «Beppe Grillo partecipò a Rimini a uno spettacolo serale, con ingresso gratuito, in occasione dell'assemblea dei quadri». E ricevette dalla Cisl «per la sua prestazione professionale un compenso di 20 milioni di lire, regolarmente quietanzato». Il leader del Movimento 5 Stelle ha annunciato querela per Giovanni Guerisoli.

Intanto, sempre dal suo blog, il comico genovese se la prende con quei sindaci che più di altri hanno ottenuto consensi e voti trasversali rispetto al partito di provenienza. Lui li definisce «multicolor, in arancione, ma anche in rosso stinto pdmenoelleino o in viola appassito». E per non essere frainteso posta una foto con Luigi De Magistris, Giuliano Pisapia e Matteo Renzi. Grillo li accusa di utilizzare i municipi come «trampolini di lancio per la loro carriera politica» e di «non occuparsi del Comune a tempo pieno». L'affondo è per Renzi: «Chi gestisce città complesse come Firenze non dovrebbe neppure avere il tempo di andare al cesso. Se vuol fare altro aspetti la fine del suo mandato».

Proprio ieri il rottamatore Pd aveva suggerito ai suoi la ricetta per «far sgonfiare la bolla del Movimento 5 Stelle». «Dobbiamo avere il coraggio - ha detto Renzi - di essere noi a dire: dimezziamo il numero dei parlamentari». Ed «eliminiamo il vitalizio per i consiglieri regionali», se si faranno «tutte queste cose eliminando anche il finanziamento pubblico ai partiti», allora «Beppe Grillo passerà dal 20% che gli viene attribuito nei sondaggi al 2% nel giro di qualche settimana».

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