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Questo articolo è stato pubblicato il 08 settembre 2012 alle ore 10:41.

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Prestare a «questo o a quell'altro uomo», a chiunque ne abbia bisogno, senza alcun limite, a fronte di collaterale che sia buono sotto condizioni di normalità e a tassi di penalità. Questo è in sintesi il detto di Walter Bagehot nel suo libro Lombard Street del 1873 che definisce il ruolo di prestatore di ultima istanza per una banca centrale nel contrastare situazioni di panico e stress nei mercati finanziari.

Attorno a queste linee possiamo leggere la decisione della Bce di acquistare illimitatamente titoli di Stato. La Bce è diventata a tutti gli effetti prestatrice di ultima istanza degli Stati dell'area euro.
Il peggio è ora alle nostre spalle. L'incertezza per una mutazione della crisi dei debiti sovrani in sistemica, come conseguenza di una possibile illiquidità degli Stati, è ora completamente fugata.
Così come quella spirale che caratterizza le classiche crisi di fiducia dove lo Stato corre disperatamente dietro ad una crescente spesa per interessi opponendosi con drastiche misure di austerità fiscale che, inevitabilmente, indeboliscono l'economia e portano alla fine solo alla resa.

Non si tratta quindi di un nuovo ruolo per le banca centrali, anzi è vecchio quanto la nascita delle stesse. Non deve neanche sorprendere che questo ruolo si allarghi agli Stati perché, come dice Bagehot, bisogna prestare «a questo o a quell'altro uomo», a chiunque si trovi a rischio di una crisi di liquidità. Gli Stati non sono affatto differenti dagli altri debitori, perché anch'essi non hanno immediata liquidità per far fronte ai propri debiti. A maggiore ragione una loro eventuale crisi di liquidità è ancora più pericolosa perché, date le dimensioni, diverrebbe sicuramente crisi sistemica e metterebbe in pericolo l'euro stesso.
In fondo, che il ruolo di prestatore di ultima istanza fosse confinato al solo fine di aiutare le banche tradizionali non è da considerarsi un limite del ruolo stesso, quanto il riflesso delle necessità che si sono di volta in volta presentate. Storicamente le banche sono state maggiormente soggette a crisi di panico per le classiche corse ai depositi. Con la crisi finanziaria dei mutui sub-prime statunitense questo ruolo si è dovuto allargare ad altri intermediari finanziari data la profondità ed estensione che i mercati hanno raggiunto nelle economie moderne. Per questo la Fed è intervenuta in tutte le direzioni, prima impensabili.

D'altra parte gli Stati non hanno mai avuto bisogno di chiedere questa garanzia, perché è sempre esistito un legame stretto fra banca centrale e Stato, quasi connaturato nelle origini della moneta fiduciaria e in generale della moneta stessa. Non è stato così per l'area euro che, sin dal suo concepimento, ha presentato l'anomalia della co-presenza di tanti Stati e una politica monetaria unica. Questa anomalia è stata in parte corretta con le garanzie date due giorni fa dalla Bce. Non si tratta di un finanziamento diretto agli Stati. Non ci sarà neanche bisogno di acquisti illimitati, solo la semplice garanzia di una loro esistenza è sufficiente per far scendere gli spread, così come è avvenuto in queste settimane. Anche l'inflazione sarà sotto controllo, a maggior ragione per la natura sterilizzata degli interventi.

Ma allora la Bce si sta assumendo del rischio di credito? Per rispondere a questa domanda, bisogna ancora una volta ritornare alle prescrizioni di Bagehot.
Erroneamente si sostiene che il prestatore di ultima istanza deve intervenire solo quando ci sono problemi di illiquidità ma non di insolvenza. Non è così. Tanto è vero che un problema di illiquidità è allo stesso tempo un problema di insolvenza, e quindi la distinzione non è così ben definita.
Le prescrizioni di Bagehot sono invece per liquidità illimitata a fronte di un collaterale che sia di buon grado in condizioni normali. Quindi il prestatore di ultima istanza deve valutare la solvibilità delle istituzioni sotto condizioni normali e non sotto stress. Anche qui capire chi sia solvente o no sotto ipotetiche condizioni normali, soprattutto quando ci si trova sotto stress finanziario, è difficile.

Con una certa abilità, la Bce è riuscita a condizionare i suoi acquisti alle condizionalità imposte dalla richiesta di aiuti all'Efsf. Condizionalità che, comunque, limitano ma non eliminano completamente il rischio di credito. Tuttavia, non c'è alcun dubbio che le decisioni di giovedì daranno un aiuto diretto agli Stati per ritornare su un percorso di sostenibilità. Ora tocca a loro fare i compiti a casa.
La strada è comunque in salita anche per altri motivi. Bloccata la tempesta perfetta, ci vorrà ancora molto tempo per assorbire gli effetti sull'economia reale derivati dalla volatilità degli scorsi mesi e dalla frammentazione completa dei mercati monetari che si è avuta. In ogni caso il processo di riduzione dei debiti pubblici e privati, che è già iniziato, sarà costoso.
Infine, ci vorranno ancora molti sforzi per ridurre le disomogeneità strutturali dell'area euro. Però la giornata di giovedì è già nella storia: Mario Draghi ha posto il primo tassello per la nuova Europa.

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