Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 12 settembre 2012 alle ore 08:01.

My24

«L'Italia è un grande Paese e merita di continuare ad essere tale», ha detto il presidente di Confindustria. E su questo non vi devono essere dubbi, perché l'Italia uscita dalla fotografia dell'Istat è anche un'economia in cui le esportazioni di beni e servizi in termini reali, sia pure in rallentamento a causa del peggioramento del quadro internazionale, sono in costante espansione tendenziale dal primo trimestre del 2010, cioè da 10 trimestri consecutivi. Nell'ultimo anno, da luglio 2011 a giugno 2012, la domanda interna al netto delle scorte ha contribuito a far diminuire congiunturalmente il Pil italiano di 4,3 punti, fortunatamente controbilanciati da un contributo cumulato positivo di 2,9 punti della domanda estera netta.

È chiaro che anche il calo dell'import dovuto all'austerità ha avuto il suo peso nel favorire tale dato, ma è altrettanto certo che lo sforzo delle imprese esportatrici è proseguito senza tentennamenti. Una cifra fa testo su tutte. Nei dodici mesi da luglio 2011 a giugno 2012 il surplus manifatturiero con l'estero dell'Italia ha sfiorato gli 80 miliardi di euro correnti: un livello di non poco conto, se si pensa che i massimi pre-crisi viaggiavano intorno ai 64 miliardi.
Due azioni sono cruciali per poter esportare ancor di più e meglio: rimuovere gli ostacoli che frenano le attività e gli investimenti delle imprese e sviluppare una consapevole politica tecnologico-manifatturiera orientata all'innovazione e all'internazionalizzazione, che aiuti davvero gli imprenditori italiani quando fanno ricerca e quando vanno all'estero.
Ma il vero problema dell'Italia oggi è il rilancio di una domanda interna cronicamente malata che ha perso con le recenti manovre finanziarie ulteriore slancio e fiducia. Ed è soprattutto sul fronte domestico, più che su quello dell'export, che si misura davvero il gap di produttività ieri nuovamente richiamato da Monti a Milano Unica, non solo nel manifatturiero ma principalmente nei servizi.

Senza maggiori liberalizzazioni e una maggiore flessibilità, le imprese italiane che vendono su un mercato interno già asfittico rischiano di perdere opportunità e competitività rispetto ai concorrenti stranieri che puntano a conquistare quote nel nostro Paese, mentre le imprese straniere che operano in Italia possono essere tentate prima o poi di andarsene. Perciò Monti ha chiesto anche uno sforzo di maggiore unità e impegno alle parti sociali per uscire dalla crisi.
Tuttavia, occorre altresì che i sacrifici di cittadini e imprese, rappresentati dalle tasse necessarie per il pareggio dei conti pubblici, vadano di pari passo con il taglio della domanda interna "cattiva", rappresentata dalla spesa pubblica improduttiva, e che le riforme messe in cantiere si concretizzino effettivamente attraverso i necessari passi attuativi che ancora sono molto in ritardo sulla tabella di marcia.

Shopping24

Dai nostri archivi