Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2012 alle ore 15:58.

My24
Christopher Stevens, ambasciatore Usa in Libia, parla con i ragazzi a Tripoli (Ap)Christopher Stevens, ambasciatore Usa in Libia, parla con i ragazzi a Tripoli (Ap)

A Tripoli il governo libico annuncia «diversi arresti» per l'attacco della notte dell'11 settembre in cui sono morti l'ambasciatore Usa Chris Stevens e tre funzionari. A Las Vegas il presidente Obama in campagna elettorale dice in un'intervista tv a un canale ispanico che l'America non dovrebbe considerare l'Egitto «né un alleato ma anche un nemico». Diventa così chiara la preoccupazione del presidente: l'attacco di Bengasi, l'ombra dei terroristi diAl Qaeda ma sullo sfondo l'Egitto non più retto dall'alleato Mubarak che teneva a freno le derive islamiste nonostante in queste ore la situazione più tesa è a Sanaa, capitale dello Yemen dove l'ambasciata Usa è assalita da manifestanti.

La vittima a Bengasi, il cervello al Cairo, insomma. L'assassinio dell'ambasciatore americano Christopher Stevens e di altri tre funzionari nella città simbolo della rivoluzione libica compiutasi quansi un anno fa, ha scosso l'amministrazione Obama. Ma il vero pericolo per gli Stati Uniti risiede in Egitto, scrive il New York Times. Qualche ora prima dell'attacco al consolato di Bengasi, l'ambasciata americana era stata assediata da un gruppo di manifestanti al Cairo. Nonostante la protesta non abbia provocato vittime, la tiepida risposta del governo egiziano, aggiunta alle preesistenti preoccupazioni per la direzione intrapresa dal nuovo governo islamico del presidente Mohamed Morsi, ha creato malumori a Washington.

Le scuse delle autorità libiche e la loro cooperazione hanno dimostrato che l'attentato «non provocherà un'altra vittima», come ha detto dal segretario di Stato, Hillary Clinton, a proposito delle relazioni tra i due Paesi. Il silenzio iniziale del presidente Morsi e la telefonata con Obama non hanno soddisfatto Washington, che ha «sottolineato l'importanza che l'Egitto collabori per la sicurezza del personale e delle strutture statunitensi». Tripoli dimostra, quasi ostenta, collaborazione. A 24 ore dall'attentato, il governo libico annuncia l'arresto di alcuni sospetti nell'inchiesta sull'attacco costato la vita all'ambasciatore Usa Chris Stevens e altri tre americani. Lo annuncia il viceministro dell'Interno, Wanis al Charef, senza fornire ulteriori dettagli «per non ostacolare lo svolgimento dell'inchiesta» condotta dai ministeri di Interno e Giustizia libici. La stampa libica aveva anche inizialmente accusato il gruppo salafita libico Katibat Ansar al-Sharia che però oggi in un comunicato ha smentito il suo coinvolgimento.

Gli Usa, che a loro volta indagano sull'attacco alla loro ambasciata, non escludono l'ipotesi che l'attacco sia stato pianificato da organizzazioni terroristiche come al-Qaeda o gruppi simpatizzanti. Da Las Vegas, il presidente Obama, impegnato in campagna elettorale, promette: «vogliamo inviare un messaggio chiaro in tutto il mondo, a tutti coloro che voglio colpirci: nessun atto di terrore offuscherà la luce dei nostri valori e nessun atto di violenza scuoterà la nostra determinazione. Non ci scoraggeranno. Noi andremo avanti» ribadendo:«Porteremo gli assassini di Bengasi davanti alla giustizia».

Intanto, dopo il falso allarme all'ambasciata Usa di Berlino, il domino non si ferma: assediata l'amabasciata americana in Yemen, circa 500 persone hanno manifestato oggi a Teheran nei pressi dell'ambasciata svizzera, che rappresenta gli interessi americani in Iran. Un massiccio schieramento di polizia protegge da questa mattina la sede diplomatica. Le agenzie iraniane avevano annunciato ieri sera che un'associazione studentesca islamica estremista aveva indetto per oggi una manifestazione di fronte all'ambasciata «per condannare l'azione oltraggiosa degli americani contro figure sacre dell'Islam», riferendosi al film "L'innocenza dei musulmani" che ha provocato scontri in Libia e in Egitto. Centinaia di agenti con caschi neri e scudi di plastica trasparente hanno bloccato la strada di fronte all'edificio, già protetto da alte inferriate con anelli di filo spinato in un quartiere benestante della zona nord di Teheran e hanno impedito ai manifestanti di avvicinarsi. Molti di questi brandivano esemplari del Corano e fotografie della Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, gridando "Morte all'America" e "morte a Israele". Il personale dell'ambasciata è stato evacuato per precauzione.


Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi