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Questo articolo è stato pubblicato il 14 settembre 2012 alle ore 08:14.

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Ben Bernanke come Mario Draghi. La Federal Reserve ha annunciato ieri interventi «illimitati» nel tempo, fino a quando l'occupazione americana non darà segnali di vitalità.
La Bce aveva annunciato interventi «illimitati» fino a quando gli spread sui tassi non fossero calati su livelli coerenti coi fondamentali economici.

E i governi? Si trascinano. Ci sono passi in avanti, sul piano multilaterale prendono forma ipotesi di architettura finanziaria a sostegno ora della crescita ora del sistema bancario in Europa. Ma ci sono anche battute d'arresto, ritardi e troppo spesso passi indietro.
Era quasi un anno fa che il primo modello per un fondo salva-Stati in Europa aveva cominciato a prendere forma alla riunioni annuali del Fondo monetario internazionale-Banca mondiale. Ed è oltre un anno fa che la commissione bipartisan in America ha stabilito scadenze per rimettere ordine nei conti disastrati statunitensi.
Se le banche centrali hanno mostrato attivismo, coordinamento e condivisione di intenti, in cambio chiedono provvedimenti responsabili. Bernanke ha chiarito che più di così non potrà fare. Che ora toccherà alla Casa Bianca e al Parlamento risolvere il problema del disavanzo pubblico e quello del debito. Gli Stati Uniti corrono il rischio di precipitare dalla "rupe fiscale", per questo devono superare i micidiali meccanismi automatici che scatteranno in gennaio in mancanza di soluzione e raggiungere un compromesso responsabile.

Per l'America il percorso è tracciato: dopo le elezioni del 7 novembre, si passerà al negoziato, seguendo lo stesso modello del novembre-dicembre 2010. Repubblicani e democratici litigheranno fino al l'ultima ora dell'ultimo giorno, probabilmente fino ai primi di gennaio del 2013, ma è scontato che alla fine un accordo sarà raggiunto, tenendo conto ovviamente del messaggio degli elettori per l'equilibrio fra aumenti delle tasse e tagli della spesa pubblica, di quella sociale in particolare.
La manovra dovrebbe aggirarsi attorno ai 4mila miliardi di dollari su dieci anni. Un progetto di base esiste già. Si era arrivati a un passo dalla soluzione nel 2011, quando poi la politica prevalse. Sappiamo che Bernanke è preoccupato dal l'impatto che questa manovrà avrà sul potenziale di crescita. Per questo ha scelto di giocare d'anticipo. Gli interventi saranno sul emrcato dei mutui immobiliari, circa 40 miliardi di nuovi acquisti al mese, ma si potrà aumentare.

La novità è data dall'orizzonte illimitato. L'obiettivo è di continuare a intervenire fino a quando l'occupazione non avrà ricominciato a crescere a ritmi coerenti con le medie storiche per simili momenti congiunturali, cioè a ritmi di 300-500mila occupati al mese. Si terrà un occhio all'inflazione, c'è chi dice che questa decisione servirà a poco, chi contesta i dati di ieri secondo le azioni passate della Fed avrebbero creato fino a 2 milioni di nuovi posti di lavoro. Ma Bernanke è rimasto inflessibile. L'obiettivo primario resta la crescita che rientra nel mandato istituzionale della Fed. È da apprezzare la scelta dei tempi per l'azione della Fed e Bce, un coordinamento è evidente nei fatti se non nelle intenzioni proclamate.
Anche la Bce ha chiesto ai governi di agire. E in particolare di assicurarsi l'accesso al fondo salva-Stati per garantire gli erogatori sulla continuità nel tempo di certe misure di riforma. In Europa e in Italia sono subentrati problemi di "orgoglio", siamo refrattari all'idea della "sottomissione". Ma c'è anche la necessità urgente di tornare a crescere, di avere accesso a nuovi fondi oltre che a tassi competitivi, di rassicurare i mercati e di attirare investimenti stranieri. Ora che la Corte costituzionale tedesca ha deciso, l'orgoglio della crescita è di sicuro più importante del l'orgoglio e basta.

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