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Questo articolo è stato pubblicato il 14 settembre 2012 alle ore 14:58.

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Tentare pubblicamente i delusi del centrodestra. L'obiettivo dichiarato da Matteo Renzi nel giorno dell'apertura della sua campagna per le primarie era (ovviamente) questo, ma il sindaco di Firenze, chiedendo agli scontenti dello schieramento opposto di seguirlo se vincerà su Bersani, ha impresso anche un'accelerazione alla discussione sulle regole per le primarie.
La questione è: primarie aperte, ma fino a che punto.

I democratici sono pronti a definire le regole entro la metà ottobre.
Pier Luigi Bersani ha detto sì - contro la volontà di altri big del partito - a una consultazione aperta (nonostante lo statuto preveda che il segretario sia anche il candidato premier), ma perché Matteo Renzi possa partecipare serve una norma transitoria allo Statuto.

Il 6 ottobre ne discuterà l'assemblea nazionale, nel cui ordine del giorno c'è la carta degli intenti e le modifiche dello statuto relative alle primarie. «Le strutture saranno assolutamente neutrali e i dirigenti sono liberissimi di fare questa battaglia», ha assicurato Bersani. Mentre Renzi auspica che «le regole del gioco siano condivise e pubblicate il prima possibile affinchè si abbia tempo di organizzarsi».

Raccolta delle firme necessarie per la corsa e albo degli elettori sono i nodi principali da sciogliere. Bersani non ha escluso il doppio turno e ha precisato: «Sarò atipico, ma non penso a perdere, chi si candida a governare deve avere almeno il 51% per cento». Mentre la piattaforma dei renziani prevede: turno unico, nessun albo degli iscritti, pagamento fissato a due euro con la possibilità di lasciare di più.
Ancora non è chiaro quali saranno i criteri per regolare l'adesione dei candidati, ci sarà una raccolta di firme, ma deve essere decisa la quota e quale sarà l'organo al quale andranno presentate (la direzione piuttosto che l'assemblea nazionale).
L'idea di gazebo aperti a chiunque per il voto, come chiesto dal sindaco di Firenze, non piace a molti nel partito, a partire da Franco Marini e Massimo D'Alema. L'intenzione è quella di introdurre un albo degli elettori prima del voto oppure in tempo reale, ipotesi quest'ultima che sembra prevalere sulla prima.

C'è poi la questione dei costi.
Si ragiona su un tetto di spesa, che presumibilmente sarà di 250mila euro. Budget sul quale Renzi sembra già essersi allineato. Il sindaco di Firenze ha infatti annunciato che la spesa prevista per le sue primarie si aggira tra i 200 e le 250 mila euro. Un finanziamento, ha assicurato, che sarà «come sempre trasparente».
Quanto alla carta comune d'intenti resta l'ipotesi che solo chi la sottoscriverà potrà partecipare alla competizione e alla definizione delle regole.

I precedenti
Presunte infiltrazioni alle primarie sono state oggetto di polemiche in diversi casi. È successo a Palermo, pochi mesi fa, quando Fabrizio Ferrandelli ha battutto Rita Borsellino per poco più di un centinaio di voti di sospetta provenienza dall'Mpa di Raffaele Lombardo. Si ipotizza che a Milano Giuliano Pisapia abbia vinto su Stefano Boeri grazie allo zampino di Comunione e Liberazione (Massimo Cacciari: «Non è un mistero per nessuno che Pisapia a Milano ha vinto perchè Comunione e Liberazione è andata a votare in massa per lui, convinta che Boeri sarebbe stato un avversario troppo forte per la Moratti»). Anche nel 2010 quando Nichi Vendola prese oltre il 70% dei voti contro Francesco Boccia si parlò di infiltrazioni, di elettori Pdl.

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