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Questo articolo è stato pubblicato il 17 settembre 2012 alle ore 12:35.

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Quel loro incontro ad Arcore (quasi due anni fa), mai andato giù a gran parte della sinistra, ne era stato un segnale fin troppo chiaro. Silvio Berlusconi stava tenendo sott'occhio l'intraprendente sindaco di Firenze, in lui rivedeva se' stesso come un giovane fuori dagli schemi, senza peli sulla lingua, a suo agio con le parole, senza paura del pubblico, anzi con il gusto del confronto e della sfida. Forse il Cavaliere sperava di averlo in qualche modo dalla sua o almeno di intrecciare un rapporto di rispetto a distanza, una sorta di pace armata.

Ma a giudicare dai toni di questi giorni quella speranza sembra destinata a non realizzarsi.
Il sindaco di Firenze lo ha già inserito nella schiera di coloro che andrebbero rottamati. A parlare per primo però è stato l'ex premier, che nell'intervista rilasciata ad Alessandro Sallusti sulla nave da crociera con a bordo i lettori de Il Giornale, di Renzi ha detto: «Porta avanti le nostre idee sotto l'insegna del Pd». Poi ha aggiunto che «se Renzi vince le primarie, si verifica questo miracolo: il partito comunista italiano diventa finalmente un partito socialdemocratico». Un pensiero che, tradotto dal politichese, suona più o meno così: Bersani e gli altri attuali dirigenti del Pd non sono socialdemocratici, sono comunisti. E, soprattutto: se ci sarà un partito socialdemocratico allora resta lo spazio per un partito di moderati che occupi il centro, forza che per Berlusconi deve essere il Pdl.

I renziani non cascano nel tranello. «Berlusconi tenta di fargli lo sgambetto», dice il coordinatore della campagna di Renzi, Roberto Reggi. Il sindaco su Twitter scrive: «Berlusconi sa che se vinciamo noi, lui è il primo rottamato. Normale dunque che faccia il tifo per Bersani o Vendola. Ma noi vinciamo lo stesso». E dalla festa del Pd a Firenze nell'incontro di ieri sera con Walter Veltroni sottolinea: «Credo che Saragat si rigiri nella tomba, se io sono socialdemocratico. Berlusconi, invece, é il passato di questa Italia. Io mi impegno per il futuro» . Poi precisa che non lo entusiasma parlare dell'ex premier, perché non intende fare una campagna la cui agenda sia dettata da Berlusconi e in questo dice di ritrovarsi nella scelta che fu di Veltroni per le politiche del 2008, quando l'allora segretario Pd nei suoi interventi non pronunciava nemmeno il nome dell'avversario. Veltroni avverte i democratici: «Nessuno utilizzi, in questo caso contro Matteo, le frasi che Berlusconi dice per spaccare il Pd».

Che l'ex premier tema Renzi in quanto possibile avversario lo pensano in molti. E in effetti le dichiarazioni di Berlusconni vanno a colpire dove il Pdl più guarda con sospetto il sindaco di Firenze: sul fronte degli elettori moderati, di centro. I maligni sostengono che il Cavaliere per decidere definitivamente se scendere in campo aspetti di capire quali reali possibilità abbia Renzi di vincere le primarie. Ma allora potrebbe essere troppo tardi per sciogliere la riserva e la sua intervista a Sallusti fa presagire che Berlusconi a quel passo sia vicino.

Se due anni fa Renzi accettò l'invito ad Arcore per parlare soprattutto dell'amministrazione di Firenze (c'era a suo dire l'urgenza di un sindaco in cerca di fondi per la sua città) ora, l'endorsement di Berlusconi, lo ha respinto con forza. Da una nave da crocera a un camper la distanza è troppo grande.

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