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Questo articolo è stato pubblicato il 04 ottobre 2012 alle ore 10:01.
Se hanno «paura è meglio che le primarie non si facciano». Matteo Renzi non ci sta, le nuove regole che sono state definite e che dovranno passare al vaglio dell'assemblea democratica di sabato proprio non gli vanno giù. «Perché Bersani a Piacenza ha approvato delle regole delle primarie che adesso vogliono cambiare?» domanda il sindaco di Firenze. Che rilancia la palla allo sfidante: «Spero davvero che intervenga Pier Luigi Bersani e che faccia prevalere la ragione. Dovrà scegliere se le primarie le vuol fare o no. E io credo che le voglia fare per davvero».
Il segretario democratico non ci sta a lasciar passare l'impressione che la corsa possa essere in qualche modo «truccata» (come scrive Renzi su Facebook). E nel partito si lavora a un compromesso. Ma su Twitter già si è scatenata l'ironia. Monica: «Bisognerà dimostrare di saper stirare le pieghe del kilt della Bindi». Matteo: «Puoi vincere solo se hai il cognome di un cantante come Samuele Bersani». E ancora: «Se dimostri di aver fatto spesa alla Coop il giorno delle primarie, voti due volte».
L'idea di primarie ingessate non piace nemmeno ad alcuni parlamentari democratici. Che (in 29) firmano un appello al segretario per una competizione aperta. La richiesta, a tutti (a Bersani, ai candidati alle primarie e ai componenti dell'assemblea nazionale del Pd) è di «impedire assurde limitazioni burocratiche, foriere di probabili contestazioni diffuse, e di farsi garanti della massima apertura di un appuntamento che può dare una spinta decisiva per far nascere una maggioranza di centrosinistra alle elezioni». Tra i firmatari: Mario Adinolfi, Paolo Gentiloni, Roberto Giachetti, Pietro Ichino, Enrico Morando, Ermete Realacci, Giorgio Tonini, Salvatore Vassallo e Stefano Ceccanti.
Ai renziani non piace soprattutto l'idea di prevedere un albo pubblico degli elettori con il doppio turno limitato solo a chi ha votato al primo delle primarie. Le nuove regole, così some sono state stilate nella bozza concordata dai dirigenti democratici, prevedono l'appoggio di 90 delegati dell'assemblea e 17mila firme per potersi candidare, la possibilità di iscriversi nel registro degli elettori a partire da una settimana prima fino al momento del voto al primo turno. Ma chi non ha votato il 25 novembre non potrà più presentarsi al seggio per il 2 dicembre. E poi il doppio turno che scatterà se nessun candidato prenderà il 50% dei voti, non il 40% come ipotizzato inizialmente.
La norma più contestata dai renziani è la possibilità di voto al secondo turno (per il quale avrebbero preferito il tetto al 40%) solo per chi ha già votato al primo. In questo modo potrebbe, a loro dire, venir limitato il voto di chi non è tradizionalmente un elettore Pd. I renziani non sembrano disposti a cedere, e Roberto Reggi, responsabile della campagna elettorale del sindaco di Firenze, non esclude: «Se le regole restano queste, siamo pronti a fare ricorso».
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