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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2012 alle ore 21:36.

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Roberto Formigoni (Ansa)Roberto Formigoni (Ansa)

Ore 13.00 - «Da parte mia confermo che, dopo i fatti di ieri, ho intenzione di fare gesti forti e di grande discontinuità». Lo afferma il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, lasciando la sede del Pdl dopo
aver incontrato il segretario Angelino Alfano e il segretario della Lega Nord, Roberto Maroni, per fare il punto sulla situazione della Giunta lombarda. La riunione é aggiornata alle 15,30

Ore 12.00 - «Le minacce di Formigoni e il terrorizzato silenzio di Maroni: il teatrino di queste ore sancisce la fine di due carriere politiche». Lo scrive su twitter Roberto Saviano.

di Sara Monaci

Nella notte Roberto Formigoni, presidente della Lombardia, ha deciso di ritirare le deleghe agli assessori leghisti. È l'ultimo atto del braccio di ferro tra lui e la Lega, dopo una convulsa giornata, tra l'arresto dell'assessore Zambetti (Pdl) e la minaccia della Lega di staccare la spina al governo regionale.Il governo lombardo guidato da Roberto Formigoni avrebbe ormai le ore contate. Gli avvenimenti delle ultimissime ore sono la dimostrazione che al Pirellone si gioca davvero l'ultimo round tra il governatore e la Lega.

A seguito dell'arresto dell'assessore alla Casa Zambetti per associazione mafiosa, è arrivato l'ultimatum del Carroccio: o le dimissioni di Formigoni, o il ritiro delle deleghe a tutta la giunta, o le dimissioni di tutti i consiglieri della Lega per far cadere il governo regionale. Sono sufficienti 41 voti per la sfiducia, considerando che già ci sono i 31 consiglieri dell'opposizione pronti a lasciare il parlamentino lombardo.

In serata è arrivato il ricatto di Formigoni: se cade la Lombardia, cade anche il Veneto e il Piemonte. E ieri notte, in base alle indiscrezioni, Formigoni, dopo aver presenziato ad una cena di Expo, ha deciso l'ultima arma del ricatto: il ritiro delle deleghe a tutti gli assessori leghisti: Andrea Gibelli (Industria e vicegovernatore), Daniele Belotti (Territorio), Giulio De Capitani (Agricoltura) e Luciana Ruffinelli (Sport e giovani), Luciano Bresciani (Sanità).

Ma il gesto sembra ormai inutile. Questa sfida sta già spingendo la Lega ad abbandonare il Pirellone già oggi. In questo modo Formigoni rimarrà a trainare la Regione Lombardia fino alle elezioni anticipate, ad aprile, senza nessun rappresentante del Carroccio.

E questa forse, è l'ultima (e unica) consolazione per Formigoni.Intorno alle 21 i consiglieri e assessori della Lega lombardi hanno consegnato le proprie dimissioni al partito e domani Roberto Maroni e Matteo Salvini andranno dal governatore Roberto Formigoni «lasciandogli la scelta se fare un passo indietro o a lato», con l'alternativa dell'azzeramento della giunta. lo ha riferito Salvini al ternine della riunione

Il racconto della serata di ieri
Dalle 19 a Milano Matteo Salvini e Roberto Maroni si riuniscono per discutere del futuro di Roberto Formigoni e nella sua giunta, dopo l'ennesimo scandalo che ha portato in galera l'assessore Zambetti, con l'accusa di voto di scambio con la 'ndrangheta.

Negli stessi minuti, a Roma i vertici del Pdl si riuniscono in più sessioni per affrontare l'emergenza. La tensione è altissima. Stavolta, questo circola nei Palazzi romani, il Carroccio sembra intenzionato a fornire un segnale concreto di discontinuità. Pare, almeno di questo si discute nel Pdl, che dalla Lega sia partito una sorta di ultimatum diretto a Formigoni. Il segnale minimo che i lumbard potrebbero richiedere al governatore passa infatti per un azzeramento della giunta regionale. Anche se un'anima del partito spinge per la rottura immediata.

I possibili scenari
La partita è ancora apertissima. Nella Lega si valutano diversi scenari, nel caso in cui il governatore non rispondesse all'appello del Carroccio. Una delle ipotesi sul tappeto - estrema - prevede il ritiro dei consiglieri regionali leghisti dal Consiglio, come già accaduto nel Lazio. Un'altra immagina una presa di posizione pubblica leghista, nella quale i vertici leghisti richiedono un impegno del governatore per traghettare la Lombardia a breve al voto. Una via di mezzo potrebbe essere il ritiro degli assessori padani dalla giunta Formigoni e una contestuale richiesta di azzeramento dell'intero governo regionale.

Ma non basta. Anche nel Pdl è in atto una discussione serrata - soprattutto nell'ex Forza Italia - su quale sia la migliore strategia per affrontare l'ondata di scandali. E non tutti ritengono che la via migliore sia quella di arroccarsi in difesa di una giunta ormai traballante. Molto significative le parole di Maria Stella Gelmini, che in un comunicato pesato parola per parola ha fra l'altro rilevato: «Il mondo della politica è sotto schiaffo e diventa sempre più difficile distinguere il grano dal loglio. Anche se le responsabilità penali sono sempre personali, di fronte all'opinione pubblica la politica è tutta sotto accusa».

La replica
«Se cade la Lombardia un secondo dopo cadono Veneto e Piemonte». È quanto avrebbe riferito il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, ai suoi collaboratori, dopo che la Lega Nord ha chiesto al governatore «di fare un passo di lato o indietro», in seguito all'arresto dell'assessore alla Casa, Domenico Zambetti, per concorso esterno in associazione mafiosa.

Preso atto delle dimissioni annunciate dalla Lega, il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni ha provveduto con decreto a ritirare le deleghe degli assessori leghisti e di prenderle in carico a sè. È quanto si apprende da fonti dell'entourage del governatore.

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