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Questo articolo è stato pubblicato il 14 ottobre 2012 alle ore 17:45.
L'ultima modifica è del 14 ottobre 2012 alle ore 14:45.

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Nella foto il governatore della Regione Lombardia, Roberto Formigoni (Ansa)Nella foto il governatore della Regione Lombardia, Roberto Formigoni (Ansa)

«Si va al voto». Il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni scioglie così la vicenda che, esplosa con l'arresto dell'assessore alla Casa Domenico Zambetti per voto di scambio con la 'ndrangheta, si era avvitata in un vortice di ultimatum e contro-ultimatum fra la Lega e lo stesso Governatore intorno alla sorte del Pirellone. «Alle elezioni sarò in campo», aggiunge Formigoni, «in una posizione che devo determinare».

L'accordo di via dell'Umiltà fra il Pdl e il Carroccio siglato venerdì, dunque, non ha retto nemmeno 48 ore, dopo aver vacillato pesantemente ieri pomeriggio con il consiglio federale di Via Bellerio. Pressati anche dalla base, ansiosa di togliere l'appoggio al Governatore, i vertici leghisti si sono dimostrati molto meno flessibili rispetto al giorno prima e hanno chiesto a Formigoni di votare bilancio e nuova legge elettorale, e poi andare al voto ad aprile insieme alle politiche. «Un modo per far risparmiare i lombardi grazie all'election day - spiegava nella mattinata di oggi il segretario padano Roberto Maroni - e ripartire il prima possibile».

La presa di posizione leghista ha spinto anche gli uomini di Berlusconi ad archiviare la questione Formigoni. «La data del voto - aveva detto questa mattina da Saint Vincent il segretario del Pdl Angelino Alfano - è nella responsabilità di Formigoni, che deve decidere per il bene della Lombardia e non dei partiti».

Non proprio un appoggio appassionato, quello di Alfano, che ha tenuto a sottolineare di essere contrario «a ogni forma di accanimento terapeutico». Con un viatico del genere, anche il diretto interessato ha deciso di tagliare i tempi, spiegando che «sei mesi di agonia sarebbero un errore gravissimo. Se la posizione della Lega è questa, bisogna andare al voto il prima possibile». Prima delle elezioni, precisa poi su twitter, bisogna «abolire il privilegio del listino».

Il precipitare della vicenda lombarda apre scenari in grado di scuotere il quadro politico nazionale, perché tutte le posizioni sono da definire. Formigoni ha chiarito che non ha nessuna intenzione di farsi da parte, ma la sua determinazione apre un rebus per il Pdl: ripresentare come candidato ufficiale del partito un Governatore travolto dalle inchieste che hanno colpito la sua Giunta e la sua stessa posizione personale non sarà semplice, ma anche scaricarlo e correre in contrapposizione a quello che è stato uno degli uomini-simbolo del "forzaleghismo" di governo apre strade piuttosto tortuose. Nel frattempo, si fa avanti anche l'ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, oggi europarlamentare per il Pdl.

La Lega, intanto, sembra scaldare i motori per una corsa solitaria. Il segretario federale Roberto Maroni chiama a raccolta i sostenitori a delle primarie-lampo, da tenersi già domenica prossima ai gazebo che la Lega aveva messo in programma per una serie di raccolte di firme. Ancora da definire i nomi dei concorrenti, ma l'accelerazione del Carroccio sulla chiusura della legislatura al Pirellone è una vittoria di Matteo Salvini, eletto a giugno segretario "nazionale" della Lega Lombarda, che fin da subito si è mostrato più tranchant dello stesso Maroni e ora potrebbe aspirare a correre per il Pirellone. Dalle parti di Via Bellerio cominciano però a circolare anche altri nomi, a partire da quello del sindaco di Varese Attilio Fontana, maroniano doc e concittadino del segretario federale. Senza dimenticare che tra i papabili alla candidatura c'è lo stesso Roberto Maroni, il cui progetto di arrivare al Pirellone era però emerso quando l'asse Lega-Pdl in Lombardia reggeva ancora.

Anche nel centrosinistra, da 18 anni all'opposizioine in Lombardia, la strada verso le urne è ancora tutta da definire. Le prime voci circolate tra ieri e oggi puntavano l'attenzione su Giuseppe Civati, 37enne consigliere regionale e animatore di "Prossima Italia", movimento che guarda a sinistra e ha osteggiato negli ultimi mesi le aperture del Pd in direzione di Casini. Più al centro, invece, il primo nome emerso è quello di Bruno Tabacci, già presidente della Lombardia per la Dc nel 1987-89 e oggi assessore al Bilancio del Comune di Milano e candidato "dubbioso" alle primarie nazionali del centro-sinistra. Lo stesso Tabacci si dice pronto a «darsi da fare», rinunciando al Parlamento perché «reinnamorato della gestione amministrativa». Tra candidature, alleanze, e probabili primarie, non mancheranno certo i dibattiti nemmeno fra gli oppositori di Formigoni.

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