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Questo articolo è stato pubblicato il 15 ottobre 2012 alle ore 18:33.

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dal nostro corrispondente Leonardo Maisano

LONDRA – Una domanda secca, senza alternative: vuoi tu che la Scozia resti parte del Regno Unito o assuma piena indipendenza ? La risposta la daranno tutti i cittadini sedicenni di Edimburgo, Glasgow, lowalands, highlands e province connesse entro la fine del 2014. L'intesa è stata firmata ieri dal premier britannico David Cameron e dal first minister, il nazionalista scozzese Alex Salmond. La richiesta di aggiungere un secondo quesito sulla concessione di maggiori poteri al già potente parlamento autonomo scozzese è caduta nel vuoto. Il premier britannico ha voluto giocare una mano secca nella speranza che le spinte del radicalismo nazionalista finiscano contro il muro di paura e incertezza che accompagna il concetto stesso di indipendenza per una terra di 3 milioni di abitanti, un tempo ricca di un petrolio, risorsa che va calando sempre di più.

Il caso scozzese è caso singolare perché si consuma anche in nome dell'Europa. Mentre Londra gioca, pericolosamente, con l'idea di una deriva al largo delle coste continentali, Edimburgo sogna un'adesione da nazione indipendente. Anche per questo, secondo Alex Salmond la data di oggi è storica. «È la decisione più importante per la Scozia da centinaia di anni a questa parte», ha detto precisando che a suo parere il "sì" all'addio da Londra prevarrà. David Cameron non si è sbilanciato ricordando solo di aver rispettato la volontà degli scozzesi che hanno portato al governo locale una forza favorevole al referendum. L'impressione è che i contrari potranno prevalere, anche perché sull'indipendenza di Edimburgo pesa l'incertezza economica. Del petrolio che scarseggia abbiamo detto e non molto altro sostiene l'economia nazionale.

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