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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2012 alle ore 07:55.

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Nella foto il parroco di Caivano, Don Maurizio PatricielloNella foto il parroco di Caivano, Don Maurizio Patriciello

Il prete e il prefetto, la Chiesa e lo Stato. Due mondi diversi, due mestieri diversi, ma un solo presidio di legalità nella "Terra dei fuochi" (di recente protagonista di una cruda inchiesta del quotidiano dei vescovi "Avvenire"). La terra dove i rifiuti tossici bruciano a cielo aperto tra indifferenza e complicità.

Invece capita, nel corso di un incontro istituzionale anti-camorra alla prefettura di Napoli dedicato al problema dei roghi, che il parroco di Caivano, Don Maurizio Patriciello, vita da prete in una terra dove lo Stato fatica ad esistere, si rivolga al prefetto di Caserta, Carmela Pagano, chiamandola "Signora". Solo "Signora" e non "Signora Prefetto", o meglio Sua Eccellenza la Signora Prefetto, come da rimprovero aspro di un'altra Eccellenza, il Signor Prefetto di Napoli Andrea De Martino. Che di fatto ha impedito a don Patriciello di parlare.
Grazie ad un filmato con tanto di sonoro, la scena ha già fatto il giro di mezzo mondo. Spettacolo rapido e pessimo. Dove un prete-soldato-semplice della Chiesa è zittito dal rappresentante del Governo italiano che lo richiama al rispetto dello Stato. Una prova di forza esemplare, anzi protocollare.

Solo questione di forme, si dirà. È previsto un incontro di riappacificazione tra il prete e il prefetto, Don Patriciello ha già scritto una lettera in cui afferma il suo "amore per lo Stato", è stato insomma solo un incidente di percorso, lo sfogo di un minuto del Prefetto. Nulla di più, signori e signore, di prima o seconda classe. Evitiamo strumentalizzazioni, fughe in avanti, ulteriori polemiche.
Invece no. Non dovrebbe finire così. Un'altra signora, il ministro dell'Interno (e prefetto) Anna Maria Cancellieri, non può accontentarsi che il caso scivoli via per auto-estinzione, sepolto dal ridicolo di una guerriglia nominale di un guardiano dello Stato che nel cortile di casa abbaia a un prete. Non è questione di forme e di formali scuse. È questione di sostanza e ne va della credibilità dello Stato: il ministro può muoversi affinché il Prefetto lasci il suo incarico. Punto. Semplice, da ministro a prefetto, da governo a rappresentante del governo. Abbassando le maiuscole, ma facendo vedere a tutti che lo stato, davvero, c'è.
twitter@guidogentili1

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