Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2012 alle ore 23:01.

My24

Prosegue lo scontro in casa Caprotti per il controllo di Esselunga. Giuseppe e Violetta, figli del patron della catena di supermercati Bernardo Caprotti, hanno impugnato il lodo arbitrale che aveva confermato, nel luglio di quest'anno la legittimità del blitz con cui il padre si era appropriato delle azioni dei figli. Domani, si legge in una nota, si terrà inoltre la prima udienza della causa civile promossa dai due figli per vedersi riconosciuti in Tribunale i propri diritti.

L'atto di impugnazione «per i gravi vizi processuali, nonché per la contrarietà del lodo alle regole di ordine pubblico sulla circolazione delle partecipazioni attribuite a società fiduciarie», è già stato depositato presso la Corte d'Appello di Milano. La controversia tra Bernardo Caprotti e i figli Giuseppe e Violetta, si legge nella nota dei due eredi, nasce dall'assetto che il padre diede al gruppo Esselunga a partire dal 1996. Da quel momento, fino al 2011, la proprietà della holding che controlla Esselunga, formalmente intestata ad una società fiduciaria, era in larga misura attribuita al padre in usufrutto e ai figli in nuda proprietà. «Tale assetto - spiega la nota -, stabilito sulla base di precisi patti stipulati tra padre e figli, avrebbe dovuto, da un lato, garantire l'unità della direzione imprenditoriale del gruppo nelle mani del capostipite; dall'altro, determinare una successione serena al momento della morte del fondatore».
L'intesa ha retto per i successivi quindici anni: nel febbraio 2011 Bernardo Caprotti, «valendosi di una procura generale fattasi rilasciare dai figli nel 1996 e assumendo di essere sempre stato il solo ed unico proprietario effettivo delle azioni», ha intestato a sè i titoli di Giuseppe e Violetta, a loro insaputa. Mentre Bernardo Caprotti sostiene che l'assetto adottato nel 1996 era meramente fittizio, i suoi figli chiedono «il rispetto di quanto concordato con il riconoscimento della loro proprietà fiduciaria».

Il lodo, reso pubblico lo scorso luglio, ha stabilito che la proprietà appartenesse fiduciariamente ai figli ma che essi fossero assoggettati al potere del padre di riacquistare quelle azioni «e che tale potere egli avesse utilmente esercitato». Peraltro, prima della pronuncia del lodo, adottato «con amplissima espressione di dissenso» di uno dei suoi componenti, il professor Irti - ricorda la nota di Giuseppe e Violetta - i due figli di Bernardo Caprotti, convinti che il collegio arbitrale «fosse stato investito irritualmente in quanto non competente», hanno avviato una causa civile al Tribunale di Milano.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi