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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2012 alle ore 08:28.

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Quando un membro della Commissione Finanze del Bundestag ha definito Mario Draghi «un prussiano del Sud», si è intravisto un velo - anzi un eccesso - di sapiente organizzazione nel comitato di benvenuto, ma le reazioni dei deputati tedeschi all'irrituale intervento del presidente della Bce al Parlamento di Berlino sono comunque state positive e disciplinate.

Solo pochi giorni prima d'altronde, governo e opposizione avevano orchestrato un accordo per la rinuncia all'uso di toni radicali sul tema dell'euro nel corso di una campagna elettorale ormai avviata. Draghi dunque ha potuto esporre ieri la forza dei suoi argomenti a favore dell'acquisto di titoli del debito pubblico (Omt) cavalcando un'onda di ragionevolezza.
Il salto è significativo. Durante tutta l'estate la Bundesbank aveva fatto leva sulla protesta politica per minare il consenso di Draghi. A fine agosto, pochi giorni prima di ipotizzare un suo intervento al Bundestag, Draghi era stato chiamato «falsario» da un parlamentare conservatore bavarese. L'appellativo aveva fatto il giro del mondo. I maggiori quotidiani tedeschi lo avevano accusato con molto malo garbo di fare gli interessi dell'Italia ai danni dei tedeschi. Un'opinione oggi molto diffusa in Germania. Un deputato ha accusato Draghi di essere pronto a prestare denaro in cambio anche di biciclette vecchie. Infine, dopo l'annuncio degli Omt, la credibilità della Bce e del suo presidente tra i cittadini tedeschi era precipitata. Senza il consenso dell'opinione pubblica e dei suoi rappresentanti al Bundestag c'era il rischio che Berlino prima o poi non avesse la forza politica di contribuire al salvataggio dell'area euro.

Come altre volte, nella sua ancor breve ma drammatica presidenza, Draghi aveva deciso di intervenire pragmaticamente e affrontare la politica nonostante molti giustificati motivi per non farlo.
Infatti, quando Draghi aveva annunciato l'intervento al Parlamento tedesco, la prima reazione degli osservatori più attenti era stata di incomprensione. Per legge la Bce è responsabile di fronte al Parlamento europeo, non a quelli nazionali. Per quanto si possa dubitare dell'efficacia attuale del Parlamento di Strasburgo nel rappresentare i cittadini europei, assegnare un ruolo a un Parlamento nazionale significa rompere l'assetto istituzionale dell'Unione europea, senza il quale ogni «delega di sovranità» a un'istituzione comune non sta in piedi. Inoltre non c'è alcuna ragione per la quale il Bundestag abbia diritto a giustificazioni maggiori del Parlamento italiano o slovacco. Ora in teoria Draghi dovrebbe andare a spiegarsi in ogni capitale dell'area euro che lo richiedesse. Infine la politica monetaria è non solo una competenza esclusiva della Bce, non condivisa con altre istituzioni, ma è severamente protetta dall'influenza dei governi e in particolare, come politica di interesse generale, non dovrebbe essere discussa sulla base di un interesse nazionale. Non è un caso che i Trattati e i protocolli europei disciplinino accuratamente i rapporti della Banca con le istituzioni.

Tuttavia, come altre volte, Mario Draghi ha ritenuto - e finora va riconosciuto con successo - di far prevalere il pragmatismo ai principi. Lo aiuta un buon tempismo, perchè per la prima volta la stessa Bundesbank prevede, come avevamo anticipato, un trimestre di pil negativo anche per la Germania a fine anno. I tedeschi sentiranno per la prima volta sulla propria pelle il rischio di avvitamento recessivo e i politici sentiranno ancor più il rischio di una bocciatura elettorale in vista delle elezioni federali del settembre 2013.
Esistono limiti tuttavia oltre i quali la scelta di privilegiare il realismo ai principi non dovrebbe andare. Ad agosto per esempio la Bce aveva accettato, per pragmatismo ovviamente, che gli acquisti di titoli pubblici avvenissero solo sulla base di condizionalità fissate tra i governi. Era una richiesta di Berlino, ma ieri questa subordinazione della Bce alle decisioni dei governi è stata rinfacciata a Draghi proprio dai membri della Commissione del Bundestag a cui parlava. Si è visto in questo caso che i “principi” non sono solo importanti in sé, ma anche come difesa e legittimazione della condotta di un'istituzione non eletta dai cittadini.

La visita al Bundestag infine ha rappresentato una nuova conferma di come il baricentro politico europeo si sia spostato da Bruxelles (o Strasburgo) a Berlino. Dopo essere scivolati nella ricerca di soluzioni alla crisi, per malinteso pragmatismo guarda caso, verso negoziati intergovernativi anziché sovranazionali, ora si passa alle soluzioni accettate prima di tutto da una capitale. Il pragmatismo è accettare la forza della realtà, ma bisogna stare attenti a non piegarsi alla realtà della forza.
cbastasin@brookings.edu

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