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Questo articolo è stato pubblicato il 04 novembre 2012 alle ore 13:25.

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NEW YORK. Dal nostro corrispondente
Mentor, Ohio, 47mila abitanti, al 37° posto fra le 100 città più vivibili in America potrebbe determinare il risultato delle elezioni americane di martedì prossimo. Il voto lì, in ambiente democratico, è ancora incerto, leggermente a favore di Mitt Romney. E l'Ohio è uno Stato chiave. Per questo ieri mattina Barack Obama ha lasciato Washington per andare a Mentor, dove si trova un distretto manifatturiero specializzato in robotica, polimeri, materiali e quadri elettrici. Ci sono anche due svincoli ferroviari, CSX e Norfolk Southern. Una cittadina simbolo per la sfida centrale su cui si giocheranno queste elezioni: la rinascita del settore manifatturiero.
Le mille sfumature, gli attacchi, le impostazioni idelogiche nettamente diverse fra la preferenza per lo statalismo di Barack Obama e quella per il liberismo di Mitt Romney ruotano attorno a un'unica domanda: chi farà meglio per il settore manifatturiero? In questa campagna 2012 non si è parlato delle nuove frontiere dell'ambiente, dello spazio, dell'innovazione della rete, del wireless, dell'economia digitale, dei servizi avanzati. Si è parlato del vecchio, solido manifatturiero, settore chiave, nel nostro tempo post crisi, per la formazione di nuovi posti di lavoro. E ciascuno dei due candidati rivendica una posizione vincente. Mitt Romney la sua esperienza nel business e il suo liberismo che aiuterà le imprese.
Obama ricorda il suo intervento di aiuto per il settore automobilistico americano e i suoi ammonimenti: «Se perdiamo l'auto, perdiamo un milione di posti di lavoro con l'indotto e usciremo dal manifatturiero».
In effetti l'America ha subìto un massiccio ridimensionamento del manifatturiero: dal dicembre 1999 al dicembre 2009 il declino è stato costante, da 17,3 a 11,5 milioni di occupati. Le ragioni le conosciamo: outsourcing e concorrenza del costo del lavoro cinese. Ma a un certo punto dell'amministrazione Obama la caduta dell'occupazione nel settore si è stabilizzata. Poi il tasso ha ripreso a salire leggermente. Fra il 2010 e il 2012 si è avuto nel manifatturiero un aumento di 500mila occupati: «È la prima volta che questo succede dalla metà degli anni Novanta – dice Jim Messina – È un aumento che è stato guidato dal settore auto». È vero. In Ohio il settore auto ha contribuito a ridurre la disoccupazione. Ma il passare dall'8,8% del marzo del 2011 al 7,5% del marzo 2012 e ora al 7% (il tasso nazionale è al 7,9%) è dovuto all'intero manifatturiero. Lo dice l'indice ISM (manifatturiero) in aumento per 33 mesi di seguito nei vecchi stati “ruggine” come l'Ohio. E non solo grazie all'auto. Ma in settori che in Ohio vanno dai nuovi impianti per la produzione di acciaio e investimenti in macchine per l'estrazione del gas dalle rocce. Una tendenza con alcune novità importanti: il costo del lavoro in America diventa più competitivo rispetto anche a Cina o Messico dove i salari sono aumentati molto negli ultimi anni; si punta sul manifatturiero avanzato che richiede l'uso di tecnologie avanzate e personale addestrato; molte multinazionali hanno cominciato a riaprire in America, dove hanno trovato condizioni più vantaggiose rispetto al passato.
La rinascita del manifatturiero è fra noi: la Otis sta trasferendo un impianto per la produzione di ascensori dal Messico alla Carolina del Sud; la Caterpillar ha una nuova fabbrica per scavatori idraulici in Texas, 500 nuovi occupati; la Ge sta trasferendo 800 posti di lavoro dal Messico agli Usa. La Electrolux ha trasferito una fabbrica di cucine dal Canada, dove c'erano problemi sindacali, a Memphis, in Tennessee. L'ha inaugurata il 3 ottobre scorso al Parco Industriale Frank Pidgeon grazie a incentivi e aiuti dello stato. Dall'impianto usciranno 600mila cucine all'anno dei vari marchi, inclusi Kenmore e Frigidaire. La Whirlpool ha ricominciato a produrre a Greenville, Carolina del Nord mixer della Kitchen Aid dopo sei anni di outsourcing in Cina, a Huizhou; la Peerless Industries ha riportato la produzione dei suoi sistemi audiovisivi dalla Cina all'Illinois. Lo stesso sempre dalla Cina hanno fatto la Sleek Audio per la produzione di cuffie d'ascolto in Florida e la Coleman per contenitori a termos a Wichita, in Kansas. La lista potrebbe continuare. L'America si è già resa conto che senza il manifatturiero non si possono creare le basi per restituire vigore alla creazione dei posti di lavoro, proprio quello che manca dopo la crisi del 2007/2009. «Non torneremo forse ai livelli degli anni Settanta, ma la vitalità del settore manifatturiero è forte e l'effetto moltiplicatore del settore è fondamentale: ogni nuovo posto di lavoro nel settore manifatturiero ne crea altri tre» si legge in un rapporto della Manning&Napier.
Il titolo? «Il Rinascimento del manifatturiero, splendore non affossamento». L'intreccio è semplice: se si deve importare un ascensore dalla Cina il costo non è più competitivo. Meglio produrlo a casa e spedirlo via treno o su strada. Il settore trasporti, quello delle forniture per l'indotto, quello energetico, quello delle costruzioni, beneficiano tutti da una ripresa del manifatturiero.
Ecco perché Mitt Romney e Barack Obama in queste elezioni si contendono il manifatturiero. Willy Shih e Gary Pisano, due economisti di Harvard, sono d'accordo: il manifatturiero è centrale per la ripresa di occupazione e crescita. Hanno scritto un saggio: «Perché l'America ha bisogno di un Rinascimento nel Manifatturiero» e dicono: «Non siamo sicuri che i due candidati si rendano conto di un'altra derivazione centrale del manifatturiero, preservandolo, salviamo l'innovazione». Una cosa insomma è disegnare e creare l'iPhone, un'altra è avere la tecnologia – avanzata – per produrlo e distribuirlo nel mondo.

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