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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2012 alle ore 13:41.

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Giuseppe Spinelli, il ragioniere cassiere di Silvio Berlusconi rimasto vittima insieme alla moglie Anna di un sequestro lampo nella notte tra 15 e 16 ottobre scorso. (Ansa)Giuseppe Spinelli, il ragioniere cassiere di Silvio Berlusconi rimasto vittima insieme alla moglie Anna di un sequestro lampo nella notte tra 15 e 16 ottobre scorso. (Ansa)

«Nessuna somma di denaro è stata pagata né vi è stata alcuna trattativa». Lo chiarisce Giuseppe Spinelli, il ragioniere cassiere di Silvio Berlusconi rimasto vittima insieme alla moglie Anna di un sequestro lampo nella notte tra 15 e 16 ottobre scorso. «Leggo con stupore ricostruzioni fantasiose della grave e dolorosa vicenda che è accaduta alla mia famiglia e a me», afferma Spinelli in una nota, precisando che «il mio ritardo nel riferire al presidente Berlusconi e all'avvocato Ghedini su come si erano svolti effettivamente i fatti è dovuto unicamente al forte timore di gravi ritorsioni nei confronti dei miei familiari. La denuncia alla Autorità Giudiziaria - conclude Spinelli - è stata fatta immediatamente dopo. Nessuna somma di denaro è stata pagata nè vi è stata alcuna trattativa».

Il deputato e avvocato del Cavaliere Niccolò Ghedini per parte sua sottolinea che «le ricostruzioni ed i commenti apparsi su molti giornali quest'oggi relativamente alla vicenda occorsa al rag. Spinelli oscillano fra il risibile e l'assurdo. Come risulta dagli atti e come risulterà da qualsiasi ulteriore accertamento, i fatti sono del tutto chiari e lineari».

Intanto le indagini sul sequestro del contabile al servizio di Silvio Berlusconi puntano su un viaggio in Svizzera di alcuni dei sei indagati finiti in carcere ieri mattina. La trasferta in territorio elvetico degli esponenti della banda sarebbe legata al trasferimento di soldi frutto del presunto riscatto (si è parlato di 8 milioni, ndr) che sarebbe stato pagato ma del quale non é stata trovata traccia nelle tre cassette di sicurezza perquisite.

Lì sono stati trovati solo facsimili di banconote che, dicevano gli stessi arrestati intercettati, dovevano servire a fare le prove di trasporto del denaro all'estero per verificare la frequenza dei controlli doganali.

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