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Questo articolo è stato pubblicato il 24 novembre 2012 alle ore 08:11.

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Venti riforme in bilico in meno di trenta giorni di lavori effettivi. Con due desaparecidos eccellenti: le semplificazioni bis di cui non c'è traccia e il titolo V della Costituzione riveduto e corretto fermo su un binario morto. Ma anche i decreti sul taglio delle Province e sullo sviluppo da considerare a rischio. E la delega fiscale che non solo sul capitolo delle Agenzie è destinata a innescare un conflitto aperto col Governo e che per questo, dopo la fiducia attesa martedì al Senato, potrebbe incagliarsi in terza lettura alla Camera. Gli ultimi fuochi di fine legislatura si annunciano incandescenti. Col Governo tanto più impegnato a gestire un traffico parlamentare da ora di punta in centro storico: l'ingorgo di tutti i sei decreti legge in vigore al Senato, sommati alla partita doppia e decisiva della riforma elettorale, tanto più nel pieno della sessione di bilancio che si apre in questi giorni a palazzo Madama, rischia di fare vittime eccellenti tra le leggi in cantiere. Soprattutto di quelle su cui il Governo dei professori gioca le sue ultime carte.
La prima tappa del percorso a ostacoli cui vanno incontro Camera e Senato fin dalla prossima settimana sarà alla vigilia di Natale. Da lunedì – dopo che conosceremo l'esito delle primarie del Pd – ad allora, le Camere lavoreranno nella più ottimistica delle ipotesi 21 giorni. Che diventeranno al massimo 30 se il Parlamento, secondo le ipotesi più gettonate, dovesse rompere le righe il 18 gennaio. A decidere le sorti delle leggi in sospeso, è chiaro, sarà la politica, capace di accelerare o frenare qualsiasi misura. Ma il labirinto dei calendari renderà tutto molto complicato, a partire dalle sorti della riforma elettorale alla quale sono legati a doppia mandata i destini delle riforme in cantiere.
A cominciare dalla legge di stabilità. Che sicuramente arriverà in porto, ma che sarà obbligata a fare una navetta all'indietro verso Montecitorio prima di Natale anche per gli appetiti pre elettorali che al Senato non mancheranno.
La prossima settimana a Palazzo Madama (v. altro articolo a pag. 3) sarà di fuoco: diffamazione, delega fiscale, riforma elettorale. A farcela. Proprio mentre dalle commissioni dovranno arrivare i decreti legge su costi della politica ormai in scadenza e su sviluppo e riordino delle Province, entrambi da trasmettere alla Camera a un passo dalla decadenza. Agganciati al treno dei decreti, anche quelli su Tfr per gli statali, stretto di Messina e tributi e contributi nelle zone terremotate. In questo cantiere a cielo aperto, sarà inevitabile per il Governo ricorrere a massicce dosi di voti di fiducia: in meno di un anno di Governo di Mario Monti siamo già arrivati a quota 46, a fine legislatura se ne ipotizzano almeno 60.
Riuscire a far combaciare tutte le tessere di questo delicato puzzle, sarà un'impresa. Col risultato di mettere a repentaglio anche le altre riforme che spingono da tempo. A cominciare dalla riforma dell'avvocatura e dalle due leggi Comunitarie entrambe ferme al Senato.
Inevitabilmente il Governo dovrà abbandonare sul campo più di qualche promessa. Le semplificazioni bis non sono ancora sbarcate in Parlamento, anche se tra le ipotesi c'è quella di trasformarla in un decreto per il quale mancano però margini e tempi parlamentari. Nessuna speranza per il Ddl (costituzionale) per un federalismo meno federalista, che in questa legislatura non diventerà mai legge.
Intanto a fine anno Monti potrebbe mettere mano al classico "milleproroghe", anche se meno gonfio, che potrebbe essere affiancato da un provvedimento ad hoc in risposta a Bruxelles sul nodo delle infrazioni Ue. Le Camere se ne potranno occupare anche dopo lo scioglimento, nel pieno della campagna elettorale. Quando la tentazione di aggiungere vagoncini clientelari al treno in corsa di un decreto, fa gola a tanti.
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L'iniziativa
Provvedimenti al setaccio
Dopo aver passato sotto la lente lo stato di attuazione delle riforme approvate dal Governo Monti (si veda il Sole-24Ore del 14 novembre), oggi il Sole-24Ore analizza quei provvedimenti che ancora devono diventare legge, ancora in discussione alle Camere
PASSAGGIO STRETTO

18 gennaio 2013
Lo scioglimento
Partendo dal presupposto che ci sarà election day il 10-11 marzo, le Camere dovranno essere sciolte almeno 45 giorni prima, dunque il 18 gennaio 2013
30 giorni
Camere al lavoro
Da qui allo scioglimento delle camere mancano una trentina di giorni che coincidono in gran parte con la sessione di bilancio

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